La Commissione ha inviato al governo una lettera in cui chiede entro il 22 giugno nuovi documenti sulla ricapitalizzazione dello scorso anno, che ha visto Poste investire 75 milioni nel capitale della compagnia di bandiera. Per valutare se si configuri come un aiuto di Stato. Sollecitato anche "un aggiornamento sulle negoziazioni e discussioni" con la società degli Emirati
Bruxelles entra a gamba tesa nel secondo salvataggio Alitalia. L’Unione ha chiesto al governo di Matteo Renzi ulteriori chiarimenti sull’ingresso di Poste Italiane nel capitale dell’ex compagnia di bandiera avvenuto a dicembre scorso nell’ambito di una ricapitalizzazione da 300 milioni. Secondo quanto riferito dall’agenzia Agi, il commissario alla concorrenza, Joaquin Almunia, ha domandato un’integrazione di documentazione finalizzata a verificare se l’intervento (75 milioni in contanti) di Poste Italiane si configuri o meno come un aiuto di Stato distorsivo della concorrenza. Non solo: nella missiva datata 24 giugno, Bruxelles chiede di avere, entro 20 giorni, anche un aggiornamento sull’avanzamento della trattativa in corso con la compagnia del Golfo Etihad. Operazione che i commissari stanno esaminando separatamente rispetto al dossier sui presunti aiuti di Stato arrivati all’Alitalia attraverso Poste Italiane.
Il tema dei dettagli dell’intesa con il vettore mediorientale è del resto molto caldo a Bruxelles per via degli esposti presentati da Lufthansa e dai soci di Air France-Klm che lamentano, come riferisce il quotidiano d’Oltralpe Le Figaro dello scorso 25 giugno, “di non essere stati messi al corrente dello stato di avanzamento delle trattative”. Tedeschi e francesi, come spiega il giornale finanziario La Tribune dello scorso 19 giugno, hanno domandato all’Unione di “assicurarsi che gli investimenti capitalistici di Etihad in Europa siano compatibili con le regole comunitarie”.
La richiesta di integrazione di informazioni sull’operazione Poste-Alitalia è quindi una nuova tegola che si abbatte sulla compagnia guidata da Gabriele Del Torchio, già in difficoltà per lo stallo nella trattativa sindacale e le tensioni con le banche sul tema dell’abbattimento del debito di Alitalia. Dopo l’impegno preso dal governo per ricollocare i dipendenti in esubero, le organizzazioni sindacali, che, secondo il ministro dei trasporti Maurizio Lupi, incontreranno i rappresentanti del governo mercoledì 2 luglio, non sono state in realtà ancora formalmente convocate. Situazione analoga sul fronte bancario dove tarda ad arrivare l’intesa definitiva necessaria alla creazione della nuova Alitalia che, libera da debiti, perdite e personale in esubero, vedrà entrare nel proprio capitale Etihad (al 49%) con un investimento vicino ai 560 milioni. Ma “alla fine l’accordo si troverà, il problema non sono le banche” ha spiegato il presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro.
Intanto il tempo corre veloce e non gioca certo a favore della compagnia le cui perdite superano i 500 milioni. E si avvicina quindi un nuovo aumento di capitale per la cordata dei “patrioti” che nel 2008, sotto la regia dell’allora premier Silvio Berlusconi, orchestrò il primo salvataggio Alitalia costato 4,5 miliardi ai contribuenti. Una ricapitalizzazione in cui saranno chiamati a fare la loro parte anche i soci entrati con l’aumento di dicembre: il gruppo Percassi, Unicredit e le Poste Italiane che affronteranno la questione probabilmente già nel cda previsto per il primo luglio. Nulla però a questo punto è scontato come si percepisce dalle parole del nuovo ad di Poste, Francesco Caio, che ha spiegato come un eventuale ulteriore impegno in Alitalia “sarà valutato sulla base di un’attenta analisi dei ritorni economici e finanziari associati al piano industriale, della struttura societaria dell’accordo e della valorizzazione della quota azionaria detenuta da Poste”. Nulla a che vedere, insomma, con un aiuto di Stato. Almeno sulla carta.