Sott’accusa per le loro politiche ambientali “deficitarie”. Ma soprattutto per le gravissime violazioni dei diritti umani, senza tralasciare torture, riduzioni in schiavitù e omicidi ai danni di lavoratori e sindacalisti delle miniere. Ecco il lato oscuro del carbone colombiano e di Drummond e Prodeco, rispettivamente secondo e terzo produttore, da cui Enel si rifornisce, insieme a molte utilities d’Europa. Della statunitense Drummond si è parlato molto l’anno scorso in relazione a una vicenda di inquinamento. Nel gennaio del 2013 i media colombiani e la BBC hanno riportato che l’equipaggio di una chiatta avrebbe scaricato 2.000 tonnellate di carbone nell’oceano per evitare l’affondamento dell’imbarcazione. La sociaetà ha mancato di riportare l’incidente alle autorità colombiane per 17 giorni; ha sostenuto che la dispersione del carbone si era resa necessaria per poter salvare le vite dell’equipaggio, ma non ha saputo spiegare come mai ci siano volute più di due settimane per informare le autorità competenti, quando la legge in Colombia prevede un tempo massimo di 3 giorni. Per questo all’azienda è stata inflitta una multa di 3,5 milioni di dollari dalle autorità di controllo ambientale locali. A seguito di questa multa alla compagnia è stato fatto divieto, nel gennaio di quest’anno, di utilizzare il porto di Santa Marta, dopo che sono state rilevate numerose infrazioni ai regolamenti ambientali riguardo la movimentazione del carbone. In un altro procedimento, nel luglio del 2013, la Corte Costituzionale colombiana ha ordinato alla Drummond di ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico nella sua miniera di Pribbenow, vicino La Loma. La decisione della Corte è venuta in seguito alle proteste delle comunità circostanti la miniera, che segnalavano livelli di rumore insostenibili, la dispersione di grandi quantità di particolato e polveri da carbone, il peggioramento delle condizioni sanitarie degli abitanti dell’area e la contaminazione delle falde acquifere utilizzate per bere e irrigare.
Oltre a una consistente serie di infrazioni alle leggi a tutela dell’ambiente, la Drummond ha soprattutto una storia legata alla violazione dei diritti umani, come riportato da diverse fonti di informazione negli ultimi anni. Omicidi, desaparecidos, violenze e processi. E’ lungo l’elenco dei presunti crimini ai danni di lavoratori e sindacalisti delle miniere colombiane gestite da contractor locali. Da oltre vent’anni si attende che la giustizia faccia luce su responsabilità e complicità dei vertici aziendali. Nel 2009 è stata intentata una causa civile negli Stati Uniti, contro la Drummond, accusata di aver ordinato torture e omicidi di molti leader sindacali in Colombia. Come riportato dalla Reuters e da Pr Newswire, uno studio legale statunitense che rappresentava le vittime colombiane ha portato evidenze di come l’azienda avrebbe finanziato il gruppo paramilitare di estrema destra United Self Defense Forces of Colombia per svolgere servizi di security nelle miniere e lungo le linee ferroviarie che garantiscono il trasporto di carbone.
L’esposto circoscriveva accuse di estrema violenza, descrivendo come centinaia di uomini, donne e bambini vivevano in uno stato di terrore. In ripetute circostanze alcuni tra loro sarebbero stati uccisi dall’Auc per conto della Drummond che ha sempre negato il suo coinvolgimento con i gruppi paramilitari colombiani.Nel luglio del 2013 una corte distrettuale americana ha archiviato il caso per incompetenza territoriale che attualmente pende però in appello negli USA. In un altro processo, nel febbraio 2013, un giudice colombiano ha condannato Jaime Blanco, un ex appaltatore della Drummond, a 38 anni di reclusione per l’uccisione di tre sindacalisti della miniera di La Loma. Stando a una intervista della Associated Press a Blanco, sarebbe stata la Drummond a ordinare l’esecuzione dei due uomini. L’azienda ha sempre negato il suo coinvolgimento.
Un reportage della Bbc, nel 2012, informò dell’omicidio di almeno 10 persone, nel 2002, da parte di gruppi paramilitari a El Prado, un’area adiacente la miniera di Calenturitas della Prodeco. Dopo questi omicidi, e la conseguente occupazione dell’area da parte dei miliziani, i gruppi militari cedettero il controllo e la proprietà della zona a un’agenzia del governo colombiano, che intendeva venderla alla Prodeco affinché potesse espandere la sua miniera. Secondo la Bbc, la corte colombiana che trattò il caso individuò nella volontà della Prodeco di espandere le attività di estrazione di carbone il movente per cui fu compiuto quel massacro. In risposta all’indagine del centro di ricerca Somo, la GlencoreXstrata, società madre della Prodeco, sostiene che nel 2007 il governo colombiano forzò l’azienda ad acquistare l’area di El Prado, rillocando forzosamente le famiglie che vi vivevano e garantendo loro un risarcimento solo parziale. La GlencoreXstrata sostiene che lo stesso governo colombiano si era impegnato a rifondere quelle persone per il loro trasferimento coatto, senza però aver mai tenuto fede all’impegno. L’azienda nega qualsiasi coinvolgimento con i gruppi paramilitari, ma ammette come resti aperto il problema della mancata compensazione alle famiglie per il loro trasferimento coatto.