E’ il fattore 49%, lo chiama così. Quando prendiamo una decisione fra due opzioni, solo il 51% di noi stessi è davvero convinto. E il resto che fine fa? Maria Perosino va a cercare il suo in altre donne. Ma senza amari bilanci, semplicemente con curiosità. Con una specie di strana gioia e soprattutto con empatia. Toh, ecco qui un’amica che indossa una scelta che non ho fatto io. Un po’ come un vestito, che però in fondo sta meglio a lei. “Non sono persone radicalmente diverse da me”, scrive, “al contrario: persone simili a me, che hanno fatto scelte diverse”. Diverse ma non «straniere», e l’incontro diventa struggente. Il tono è da cena fra amici intimi, dove si ha anche voglia di scherzare, mentre si tirano fuori troppe verità. E sono proprio le digressioni a portare al cuore delle cose.
Il motore è la serendipity (“trovare una cosa non cercata e non prevista mentre se ne cerca un’altra”). L’illuminazione arriva quando meno te l’aspetti, magari guardando due ragazzi che portano un divano in tram (“in quel momento ho capito che questa è una cosa che mi manca”). Le vite che non abbiamo vissuto – le vite possibili, quelle che abbiamo lasciato perdere – ci stanno sempre vicine: perché non farci due chiacchiere? Non c’è rimpianto della giovinezza, o del tempo in cui le scelte non erano ancora definitive (un tempo che non ha mai affascinato Maria: “Non mi piace stravolgermi dal divertimento”, diceva da ragazza), c’è piuttosto la maturità di saper guardare in faccia il passato e di farlo come se fosse un presente che va per conto suo – non importa se sulle gambe degli altri. Sarebbe dunque ingiusto leggere questo libro, così vivo, alla luce dell’assenza di Maria Perosino: lei l’ha scritto per regalarci qualche presenza in più, semmai.