Sono indignato e afflitto. Mi sento solo, come le anime in pena. Il punto: la Calabria non volterà pagina, non costruirà un nuovo corso e verrà svuotata ancora da ‘ndrangheta e politica, coinquilini o in società. Questa storia, di cui non importa quasi a nessuno, si chiama «emigrazione».
Al massimo il governo calabrese nascerà, nell’entusiasmo dei media, da fattori prevedibili: l’acquiescenza dell’accademia, il sostegno delle professioni, il contributo dell’impresa e, soprattutto, patti romani nel Pd. Prevarranno remote logiche di potere, con cui si troveranno nuovi equilibri all’insegna della conservazione. Non ci sarà coraggio, audacia, prospettiva. Nessuno vorrà intervenire dove serve: nella lotta alla ‘ndrangheta, negli uffici della Regione, nella sanità e in generale nelle direzioni della pubblica amministrazione.
Il futuro della Calabria è già scritto, soprattutto perché non si è tanto compreso, nel variegato mondo della politica, che questa regione è a sé: non è paragonabile alle altre. Un po’ per l’artificio dell’unificazione ottocentesca; un po’ perché la ‘ndrangheta compra coscienze che decidono, ormai senza spargere sangue o sventrare blindate; un po’ per l’agire sottile nei palazzi, alla Matacena.
Una speranza di autonomia e fermezza potrebbe essere, in Calabria, il Movimento Cinque Stelle, che oggi vive una forte tensione interna tra chi vuole agire in concreto e chi preferisce le fantasie virtuali, con parole a raffica, autoreferenziali o perfettamente inutili. Credo che la questione sia proprio questa tra i Cinque Stelle, di là dalle diatribe in rete sull’essenza della democrazia, sui requisiti del portavoce tipo o sul significato della partecipazione, che certamente non può confondersi col dire astratto e generico, da considerare solo perché «ognuno vale uno».
Perciò, non è difficile profetizzare che Mario Oliverio, navigato politico del Pd, sarà in autunno il presidente della Regione Calabria e l’ex governatore Giuseppe Scopelliti tornerà in auge con Forza Italia, mentre sarà conclusa la discussione sul trasbordo delle armi chimiche a Gioia Tauro, che ha occupato troppo spazio e tempo. Con «molto rumore per nulla», per dirla con Shakespeare.