Condividere la casa, l’auto, la bicicletta, la scrivania: in tempi di crisi potrebbe trasformarsi nel modello economico del futuro. Vantaggioso, ma anche innovativo e portatore di valori. Stiamo parlando della sharing economy, anglicismo ormai entrato nel vocabolario comune per indicare la condivisione di beni e servizi. Eppure, se il 75% degli italiani ne ha sentito parlare, soltanto l’11% ne fa effettivamente uso. Un fenomeno ancora di nicchia, dunque, ma con un alto potenziale di crescita. Un italiano su tre, infatti, si dice infatti pronto a sperimentare questa forma alternativa di economia. Se manterranno la promessa, si può facilmente prevedere un forte incremento nel prossimo futuro.
E’ quanto emerge da una ricerca condotta dall’Ipsos di Milano su un campione di mille italiani dai 18 ai 64 anni. Lo studio, il primo condotto in Italia sulla sharing economy, è stato commissionato da Airbnb, piattaforma di condivisione di appartamenti a pagamento nata in California, e BlaBla Car, sito che favorisce lo scambio di passaggi in auto a medio e lungo raggio, con 8 milioni di iscritti in Europa. La crisi economica ha spinto l’86% degli intervistati a modificare le proprie abitudini di consumo; 2 su 3 hanno ridimensionato le spese. Tant’è: tra le spinte motivazionali che convincono gli intervistati ad aderire a questo modello, in primis vi è il bisogno (per il 38% convenienza e risparmio sono gli elementi chiave per descrivere la sharing economy). Ma in seconda battuta c’è un desiderio di “sfida”, ovvero la convinzione che la condivisione con altri, specie se provenienti da culture diverse, sia fonte di arricchimento, creatività e crescita sociale.
“Infine”, spiega Fabio Era, ricercatore senior di Ipsos, “si ricorre alla sharing economy in nome di ideali di consumo alternativo: la crisi ha messo in discussione uno stile di vita che non viene più ritenuto conforme, perciò ci si avvale e si aspira a un modello più responsabile e sostenibile”. La sharing economy, sottolinea il ricercatore di Ipsos, moltiplica il valore di un bene che altrimenti sarebbe sottoutilizzato: il 96% degli intervistati usa l’auto almeno una volta a settimana, quasi sempre in solitudine; e non si contano i proprietari di seconde case che restano chiuse gran parte dell’anno. Se gli utenti di BlaBla Car si avvalgono del servizio soprattutto per motivi di convenienza e socialità, quelli di Airbnb scelgono in base al buon rapporto qualità-prezzo (89%) ma anche spinti dal desiderio di provare un’”esperienza unica”(64%).
Le resistenze nei confronti della sharing economy, però, sono ancora molte, specie tra i meno giovani e i meno istruiti. Il 58% degli intervistati, suddivisi in “distanti” (31%) e “chiusi” (27%), si è dimostrato poco o per nulla interessato a questa forma di economia. Si tratta di persone tra i 55 e i 64 anni, residenti al Nord e appartenenti alla classe media e medio-bassa. Resta il timore, giustificato, che avventurarsi in un’esperienza simile sia rischioso: il 27% del campione non si fida di Airbnb, mentre il 29 per cento considera BlaBla Car “pericoloso“. Come essere sicuri di non incappare in sgradevoli inconvenienti (per esempio un inquilino malintenzionato o poco incline alla pulizia; e, nel caso del passaggio in auto, un conducente spericolato o mortalmente noioso)? Sia BlaBla Car che Airbnb verificano identità, numeri di telefono e mail prima di pubblicare un annuncio; Airbnb ha attivato un servizio di assistenza clienti 24 ore su 24 in 16 lingue e, veicolando il pagamento attraverso il sito, lo rende sicuro. Infine le recensioni degli utilizzatori contribuiscono alla reputazione degli iscritti. Ma gli imbrogli, si sa, sono sempre in agguato. Forse l’unica soluzione è affidarsi all’istinto. E sperare nella buona sorte.