La Corte europea dei diritti umani ha dato ragione alla Francia, confermando che la legge che vieta di nascondere integralmente il viso – e di fatto di indossare il burqa – non viola il diritto alla libertà di religione né quello al rispetto della vita privata.
Questa la sentenza definitiva di Strasburgo in risposta a caso avviato da una 20enne francese, secondo cui la misura viola la sua libertà religiosa e di coscienza. Al contrario, secondo i giudici l’obiettivo che si pone la legge francese, ossia quello di promuovere l’armonia nella società, è legittimo. Accettata quindi la tesi anti-burqa del governo secondo cui “il volto gioca un ruolo importante nelle interazioni sociali”.
La Francia era stata il primo Paese europeo a vietare di indossare il velo integrale islamico in tutti i luoghi pubblici, quando a settembre 2010 il Parlamento aveva dato il via libera definitivo al progetto di legge contro l’utilizzo del burqa in luoghi pubblici come piazze, negozi, strade, parchi, scuole, ospedali e mezzi di trasporto. Progetto di legge che era poi entrato in vigore l’11 aprile del 2011.
Strasburgo però non ha accettato la motivazione secondo cui la legge sarebbe stata introdotta per assicurare la sicurezza pubblica in quanto un divieto totale di niqab e burqa non può essere considerato “necessario in una società democratica”. Il governo, infatti, avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato imponendo l’obbligo di mostrare il viso in caso di controlli d’identità. La Francia viene quindi in parte bacchettata dai togati, che ritengono che emanare leggi come quella in questione possa contribuire a rafforzare stereotipi e intolleranza contro alcuni gruppi sociali.
Profondamente appoggiato dall’allora presidente Nicolas Sarkozy (da oggi in stato di fermo per traffico di influenze) il testo di legge prevede una multa di 150 euro e la frequenza obbligatoria di uno stage di “educazione civica”. Rischia fino a un anno di carcere e 30mila euro di multa chi è considerato responsabile di aver obbligato una donna a coprirsi il volto; multe e ammende che raddoppiano, nel caso di una minorenne.