Dopo aver rinunciato a presentare ricorso al Tribunale del Riesame la difesa di Massimo Giuseppe Bossetti, accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio ha nominato un consulente. Sarah Gino è ricercatrice e genetista forense, di 45 anni, laureata vent’anni fa all’università di Torino con la tesi “Applicazione dei polimorfismi del Dna all’identificazione di tracce biologiche in medicina legale: tecniche di estrazione ed analisi”. È stata nominata consulente dalla difesa nel processo a Salvatore Parolisi, accusato dell’uccisione della moglie Melania Rea, e nel dibattimento a carico di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, nel caso Meredith. Nel ’95 ha organizzato la sezione di genetica forense del Laboratorio di Scienze Criminalistiche a Torino sotto la direzione del professor Carlo Torre. Il laboratorio si occupa di indagini di identificazione di tracce, cadaveri sconosciuti, paternità/consanguineità. Dal 2009 fa parte del Gruppo di lavoro per l’abuso ed il maltrattamento dell’infanzia, dal 2012 è responsabile del Laboratorio per lo studio del Cadavere, a Torino.
Il primo passo per la difesa sarà contestare la prova regina, il Dna dell’indagato è stato trovato sui leggings e sugli slip della vittima ma Bossetti non sa spiegare perché. I legali hanno ben chiaro che “il quadro indiziario” “sembra portare la sua firma” e Bossetti è perfettamente consapevole “di aver contro il mondo. Ma il signor Bossetti ha di poter dimostrare in sede processuale la sua innocenza e a fronte di questa scelta – spiegano – abbiamo il dovere processuale e morale di seguire quello che è il suo volere”.
Una prima risposta potrebbe venire già oggi, dagli accertamenti sulla Volvo e sull’autocarro Iveco Daily del muratore. Sarà usato il Luminol che trova tracce di sangue anche se lavate anni prima (così fu incastrato Ferdinando Carretta, che uccise il suoi genitori e il fratello). Sotto esame anche i computer sequestrati dagli investigatori su ordine della procura di Bergamo.
Lo studio del traffico telefonico di Bossetti è nel frattempo sempre fonte di particolari suggestivi: dalla telefonata alla madre il giorno in cui portò la moglie in una sorta di tour del macabro nel campo di Chignolo, dove Yara era stata trovata qualche tempo prima, a un’altra, effettuata sempre agganciando la cella di Chignolo, il 6 dicembre, nei giorni in cui in carcere si trovava Mohamed Fikri, il marocchino che poi risultò estraneo al delitto e definitivamente uscito di scena. Rimane sospetta anche la frequentazione più assidua di quanto Bossetti ha raccontato con Brembate, dove Yara viveva. Ci andava poche volte, sostiene il muratore, ma testimoni lo hanno visto molto più spesso.