Qualche giorno prima era toccato a un utente Facebook, accusato di violare un software sul proprio profilo, divenire oggetto delle attenzioni di Agcom. Questi due casi dimostrano come l’Autorità si ritiene autorizzata a intervenire anche nei confronti degli utenti dei social network o delle piattaforme User generated content, ed anche quando i soggetti “incolpati” sono meri utenti della rete, come lo siamo tutti noi.
La cosa strana è che Youtube ha solitamente un servizio di notifica del copyright abbastanza efficiente, e, soprattutto, che la stessa piattaforma si richiama espressamente al meccanismo statunitense del Notice and take down. Aprire un procedimento amministrativo davanti ad una Autorità Italiana per una piattaforma cd User generated content, o comunque ritenerlo fondato, significa pensare che questi meccanismi, che dalla nascita della rete hanno sempre garantito un bilanciamento tra i diritti, possano essere superati da una attività diretta dell’Agcom.
Il precedente è fondamentale anche alla luce delle politiche di tutela del copyright sempre più aggressive da parte delle televisioni nazionali, non ultime le rimozioni effettuate su Youtube dalla stessa Rai Tv a seguito del mancato accordo con il colosso californiano, perché dimostra in modo solare come Agcom stia interpretando la regolamentazione come un potere sostitutivo della Magistratura (e, a quanto pare, degli stessi titolari dei siti che adottano sistemi di notice and take down) nei confronti di chiunque: dai siti didattici, a quelli amatoriali, a quelli che si limitano a linkare la prima pagina di un altro sito gratuito.
Da oggi sappiamo che anche i servizi di condivisione di video da parte di utenti, vero motore dell’innovazione della rete, sono oggetto delle attenzioni di Agcom.