La lobby degli assicuratori torna alla carica: obiettivo rischiare meno e compensare il calo dei premi dovuto alla crisi. La replica dell'avvocato Marco Bona in video intervista: "Qui non interessa a nessuno se il colpo di frusta è vero o meno, qui interessa solo massimizzare i risultati. E il peggio deve ancora venire: attenzione alla sanità"
“E’ bene ribadire che i premi della Rc auto potranno scendere in modo significativo solo se si ridurrà il costo dei sinistri: non ci sono altre strade percorribili”. Martedì primo luglio il presidente della lobby italiana degli assicuratori, Aldo Minucci, è così tornato alla carica su un tema decisamente scottante per tutti. Innanzitutto per le compagnie, a partire dai campioni del settore Unipol, Generali e Allianz che, complice la crisi, dalla vendita dell’assicurazione obbligatoria per gli automobilisti incassano sempre meno come testimonia la “contrazione record” dell’8% registrata secondo l’Ivass nel 2013 dalla raccolta premi. Voce che per l’Ania ha un controvalore di circa 17 miliardi di euro inclusa l’Rc obbligatoria dei veicoli marittimi. Il tema è poi caldissimo anche per i consumatori che, nonostante i declamati cali dei prezzi, sempre secondo la vigilanza delle assicurazioni, nel 95% dei casi pagano un premio per l’Rc auto che supera la media Ue di 250 euro, tanto che non passa anno senza una reprimenda da parte dell’Antitrust. Anche perché, rilevano Adusbef e Federconsumatori, dal 1994 al 2013 solo per l’auto c’è stato un balzo del 248% dei prezzi che il calo degli ultimi mesi non è evidentemente sufficiente a compensare.
Ma il tema è soprattutto scottante per tutti coloro che rischiano di restare coinvolti in un incidente stradale, vista la direzione presa dai governi che negli ultimi anni hanno messo mano alla riforma dell’Rc auto non senza investire i risarcimenti. Una voce, quest’ultima che, secondo i calcoli dell’Ania, nel 2013 era per oltre due terzi costituita da costi dei danni alla persona per un importo complessivo di circa 7,7 miliardi. In particolare, 2,6 miliardi sono stati risarciti per invalidità permanenti comprese tra uno e nove punti, mentre 5,1 miliardi per morti o per invalidità superiori. L’incidenza dei sinistri che presentavano almeno un danno alla persona ha invece continuato a diminuire attestandosi ad un valore stimato al 19,3% (era 20,1% nel 2012). Difficile, in ogni caso, che le compagnie si possano lamentare dei colpi di frusta, visto che, come ricordava nei giorni scorsi l’Ivass, qui il livello medio dei punti d’invalidità permanente liquidati nel 2013 è sceso del 20 per cento. E questo, conferma la vigilanza recentemente confluita sotto Bankitalia, grazie alla normativa varata nel 2012 dal governo Monti, l’ultimo che ha messo mano all’Rc auto prima del tentativo andato a vuoto da parte dell’esecutivo Letta.
“Le nuove norme consentono il risarcimento delle cosiddette “microlesioni” solo in caso di accertamento medico-legale visivo o strumentale: una riga appena nella produzione legislativa complessiva, una rivoluzione nel sistema dei rimborsi per i sinistri RC auto. – sottolineava la vigilanza nella sua ultima relazione annuale – Nell’arco di pochi mesi, il livello medio dei punti d’invalidità permanente liquidati, in particolare per i “colpi di frusta”, è sceso del 20 per cento, confermando il sospetto che si annidassero in quel comparto numerose frodi, a danno della collettività”. Non la vede così l’avvocato Marco Bona esperto di responsabilità civile e risarcimento danni secondo il quale con la direzione presa dal governo Monti “diventa impossibile provare un danno da colpo di frusta”. Che non è poco per le assicurazioni visto che “la partita è enorme. Parliamo del 70% dei sinistri stradali”. Quindi, sostiene ancora l’avvocato davanti alle telecamere de ilfattoquotidiano.it : “Qui non interessa a nessuno se il colpo di frusta è vero o meno, qui interessa solo massimizzare i risultati”.
Quello che l’Ivass non dice, infatti, è che è la normativa stessa a prestare il fianco alle assicurazioni che delle microlesioni come il colpo di frusta, all’epoca dal costo complessivo annuo di circa 2,7 miliardi di euro, non vogliono praticamente sentir più parlare, rendendone impervia la diagnosi anche nei casi in cui non si annidano frodi. Tanto che le compagnie a valle del varo della normativa, hanno inviato lettere ai loro medici legali invitandoli in sostanza a non riconoscere mai i piccoli danni. A quel punto la scelta dell’assicurato sarebbe stata solo in perdita: fare esami assai costosi per un risarcimento che avrebbe potuto persino non coprirli o lasciar perdere. E così evidentemente è stato.
Ma sarebbe potuta andare ancora peggio se fosse passata la riforma che il governo Letta aveva inserito nel Destinazione Italia per poi stralciarla insieme agli emendamenti bipartisan di matrice lobbistica che puntavo dritti al cuore del vero problema delle compagnie: il risarcimento dei danni gravi. Un atteggiamento del resto comprensibile: se le banche faticano a prestar denaro, perché mai le assicurazioni non dovrebbero faticare ad assumersi la copertura di rischi? Ma il peggio deve ancora venire. “Questi regali della politica alle assicurazioni sull’Rc auto sono solo l’inizio. Ci stiamo avvicinando a un sistema dove ci sarà sempre meno sicurezza sociale con la tendenza a spostarci sulle assicurazioni. Ci sarà poi da preoccuparsi se a qualcuno verrà in mente una riforma della sanità in stile americano, un immenso e colossale regalo alle compagnie assicuratrici”, chiosa l’avvocato Bona che si spinge ad “assicurare che tutte queste norme sono state scritte dalle compagnie assicurative e messe in mano ai parlamentari di centrosinistra e centrodestra. Difficile aspettarsi che Renzi vada in altra direzione”. A meno che non intervenga la Corte Costituzionale che da tempo ormai immemore si deve pronunciare in materia.