E’ quello con la maglia diversa. E’ quello di cui tutti aspettano l’errore piuttosto che la giocata da campione, quello cui raramente sono tributati i premi di migliore in campo o migliore in assoluto (solo uno ha vinto il Pallone d’Oro, il russo Yashin, nel lontano 1963). O almeno lo era fino al Mondiale di Brasile 2014, dove per ben dieci volte su cinquanta e passa partite il man of the match è stato giudicato lui: il portiere. Nuovi idoli e fenomeni all’orizzonte. Storie di sconosciuti, di svincolati, di attese, di promesse e di ritorni, a partire dalla monumentale prestazione di Tim Howard nell’ultimo ottavo di finale tra Belgio e Stati Uniti. Trentacinque anni, un passato al Manchester United e un presente all’Everton (dove ha anche segnato un gol al Bolton), il portiere americano ha stabilito il nuovo record di parate in un match al mondiale, quindici, e nel giro di due ore è diventato il fenomeno dei social network: coinvolgendo anche il vicepresidente Biden e facendo impazzire gli Stati Uniti. In un panorama fino a oggi desertico, dove il ruolo dell’estremo difensore mai aveva suscitato tanta attenzione, che quelli famosi nella storia se non si è appassionati si contano sulle dita di una mano – da Zamora a Yashin, da Zoff a Higuita – questo è il torneo della loro consacrazione.
Il primo fenomeno avvistato è stato il messicano Guillermo Ochoa, strepitoso contro il Brasile e poi di nuovo agli ottavi contro l’Olanda. Ventotto anni, Ochoa è senza squadra dopo essere rimasto svincolato dal piccolo Ajaccio, tanto che durante il Mondiale un tifoso corso si è detto pronto a vendere casa pur di riacquistarne il cartellino, anche se oggi non gli sarà difficile una trovare sistemazione. E che dire del costaricano Keylor Navas, che gli appassionati già conoscevano come il miglior portiere della Liga al piccolo Levante e che si è confermato uno dei migliori interpreti a livello globale, spingendo il piccolo paese centramericano a una storica qualificazione ai quarti di finale parando (tra le altre) il rigore decisivo del greco Gekas.
Prestazione commovente anche per l’algerino Rais (nomen omen, significa capo) M’Bolhi, numero uno del Cska Mosca che contro la Germania non solo ha parato tutto ma si è confermato un eccezionale leader di tutto il reparto difensivo, grazie a una personalità istrionica e carismatica. E contro di lui giocava Neuer, estremo difensore del Bayern Monaco oggi unanimemente considerato il migliore nel suo ruolo, che interpreta in maniera assai caratteristica essendosi dimostrato eccellente anche nel gioco coi piedi, spesso addirittura fuori dall’area.
Se della stella 22enne dell’Atletico Madrid e del Belgio Thibaut Courtois si sono narrate le meravigliose gesta per tutta la stagione, si sono dimostrati eccellenti anche il colombiano David Ospina, la cui sorella ha sposato il fenomeno James Rodriguez, il cileno Claudio Bravo, appena preso dal Barcellona, e il nigeriano Vincent Enyeama, che in campo conferma lo stereotipo del portiere pazzo e guascone.
Talmente poco analizzato da un punto di vista letterario il ruolo del portiere, bisognava rifugiarsi nel racconto fantastico di Osvaldo Soriano sulle gesta dell’indio el Gato Dìaz, fino a che due anni fa il giornalista del Guardian Jonathan Wilson non ha pubblicato The Outsider, un libro sui portieri il cui tema è chiaro fin dal titolo. Eppure basterebbe pensare alla storia dell’argentino Sergio Romero che la Sampdoria aveva preso in B ma dopo solo un anno di Serie A ha mandato in prestito al Monaco (dove non ha giocato) preferendogli il brasiliano Da Costa. E che oggi è l’uomo copertina in un’Argentina piena di fenomeni dalla trequarti in su.
O al “vecchietto” brasiliano Julio Cesar, ex fenomeno dell’Inter del triplete poi mandato via, retrocesso in Inghilterra col Qpr e rimasto disoccupato, allenandosi da solo dal parco, fino a trovare un posticino a 35 anni nel campionato nordamericano al Toronto. Con le ottime prestazioni e i due rigori parati al Cile, ora Julio Cesar è l’eroe di un paese che dai tempi di Barbosa – prima fenomeno poi giudicato responsabile della tragedia del maracanazo (la finale persa in casa contro l’Uruguay nel 1950) non si era più emozionato coi portieri. Ma il Mondiale di Brasile 2014 è il mondiale suo e dei suoi compagni, di quelli con la maglia diversa.