L’ex ministro della Difesa Cesare Previti e l’imprenditore Francesco Pacini Battaglia avrebbero chiesto a Cosa Nostra di eliminare Antonio Di Pietro. È per questo che nel 1992 presero parte ad una riunione all’hotel Excelsior di Roma: presenti insieme a loro, ci sarebbero stati i boss catanesi Eugenio Galea e Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano, l’uomo cerniera tra le cosche palermitane e quelle messinesi, più Rosario Cattafi, l’avvocato di Barcellona Pozzo di Gotto cresciuto tra estremisti neri, servizi e padrini.
A raccontare l’inedito incontro, deponendo come teste al processo sulla trattativa Stato-mafia, è stato Maurizio Avola, uno dei killer più fidati del boss catanese Nitto Santapaola. “Mi chiamo Maurizio Avola, sono un bravo ragazzo e ho ucciso 80 persone” è il titolo del libro (di Gugliotta e Pensavalli, Fazi Editore) in cui il pentito racconta la sua escalation criminale. Nel 1994, però, Avola decide di diventare un bravo ragazzo nel vero senso della parola, e inizia a collaborare con la magistratura: si autoaccusa di un’ottantina di omicidi, tra cui quello del giornalista Pippo Fava.
Sa anche molto altro però Avola. “Dovevamo uccidere il magistrato Antonio Di Pietro- ha raccontato alla corte d’assise di Palermo, deponendo in videoconferenza – C’era stato chiesto durante un incontro, organizzato all’hotel Excelsior di Roma al quale parteciparono Cesare Previti, il finanziere Pacini Battaglia, il boss catanese Eugenio Galea, il luogotenente di Nitto Santapaola Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano ed un certo Sariddu che poi scoprì essere Saro Cattafi, soggetto vicino ai Servizi. L’omicidio era voluto e sollecitato dal gruppo politico-imprenditoriale presente a quella riunione”.
Immediata è arrivata la secca smentita di Previti. “Si tratta di autentiche farneticazioni, che pretenderebbero di coinvolgermi in contesti e vicende con le quali non ho alcun collegamento e in fantomatiche riunioni e richieste alle quali ovviamente non ho mai partecipato e delle quali non ho mai avuto alcuna conoscenza”.
L’ex ministro non è però l’unico uomo vicino a Silvio Berlusconi tirato in ballo da Avola. “Stiamo aspettando un segnale forte da Dell’Utri e da Michelangelo Alfano, un grosso massone, che non conosco” avrebbe detto ad Avola il boss Eugenio Galea. Il segnale, nella ricostruzione dei pm, sarebbe stato la nascita di Forza Italia.
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