Rincari sulle sigarette in arrivo. E’ in programma infatti il riordino delle accise sui tabacchi, in attuazione della delega fiscale, che potrebbe portare, però, all’ennesimo aumento del prezzo finale delle “bionde” fino a 20 centesimi.
L’obiettivo del governo “è quello di una più equa e trasparente redistribuzione del carico fiscale sia sui prodotti da fumo sia su quelli senza combustione”, come ha spiegato il sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini che ha illustrato le linee guida del decreto legislativo al comitato parlamentare per l’attuazione della delega. Una possibilità, quella del riordino, che trova il plauso del Codacons (sono beni non primari e dannosi per la salute), che torna a chiedere però che si abbassino le accise sulla benzina che hanno invece “ripercussioni pesanti sui bilanci familiari” come sottolinea il presidente Carlo Rienzi.
Il testo deve ancora passare il vaglio del ministro dell’Economia prima di arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri (forse già il 10 luglio), ma una decisione definitiva ancora non è stata presa.
Il rialzo delle accise, tra l’altro, è una scelta che potrebbe non pagare dal punto di vista delle entrate, che hanno visto per la prima volta nel 2013 un calo del 5% (circa 600 milioni di euro) per effetto anche dell’aumento dell’Iva (che i tabacchi pagano anche sulle accise) e della diffusione delle e-cig che ha portato a una “guerra dei prezzi” al ribasso in tabaccheria. Molti consumatori si sono così spostati sui prodotti meno cari (il segmento di prezzo più basso è passato da una quota di mercato dello 0,8% al 2,5% e ai ritmi di crescita del 2013 potrebbe arrivare quest’anno fino a una quota a due cifre).
Un problema per l’erario perché la struttura della tassazione in Italia infatti è largamente proporzionale al costo del pacchetto di sigarette. Se l’Iva è fissa al 22%, l’accisa ha una natura mista: una componente specifica, o fissa, indipendente dal prezzo, pari al 7,5% del totale del carico fiscale (aliquota base + Iva, quella che potrebbe essere aumentata al 10%) ed una componente ad valorem, proporzionale appunto al prezzo di vendita e pari ad oltre il 92% del totale.
Il meccanismo previsto nella bozza del provvedimento punta a evitare che siano favoriti (o svantaggiati) i player presenti sul mercato che si rivolgono a fasce di consumatori diverse: si dovrebbe andare a un aumento dell’accisa fissa dal 7,5% al 10%, con un piccolo aumento dell’imposta minima e un incremento della quota variabile dal 58,5 al 58,6%. Che si dovrebbe tradurre, secondo prime stime, in un aumento di 20 centesimi per i prodotti di fascia bassa e di 10 per la fascia alta.
Presente, anche se più soft, anche un intervento sulle e-cig: si profilerebbe infatti una tassazione corrispondente alle ‘biondè ma con uno sconto del 40% all’imposta così determinata. Ma la scelta finale, appunto, ancora non è stata presa.