Spesso la giustizia ci mette anni a fare il suo corso, e si sa, le sentenze arrivano spesso in ritardo. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’avvocato Giorgio Carta che sta tutelando la famiglia di Francesco Rinaldelli, caporale maggiore dell’Esercito Italiano morto nel 2008 a soli 25 anni.
Anche lui come molti militari è stato sottoposto al mix di numerosi vaccini. Inviato presso il Petrolchimico di Porto Marghera per svolgere l’incarico di “pattugliatore”, nell’espletamento di tali mansioni è venuto a contatto – in numerose occasioni – con tutti quei materiali e tutte quelle sostanze ivi presenti e che risultavano e risultano gravemente contaminanti.
I genitori e, soprattutto, il padre Andrea sono tra i più attivi in questa battaglia contro la vaccinazioni militari. “La questione è ancora aperta sul piano scientifico, ma sono sempre più numerosi i riscontri di una possibile correlazione tra vaccinazioni ed aumento statistico di alcune patologie tumorali tra i giovani in uniforme. Non solo tra i medici desta sospetto la circostanza che un campione di cittadini più sano della media, visti i rigorosi esami cui è sottoposto all’atto dell’arruolamento, sia però soggetto più degli altri all’incidenza statistica di linfomi, leucemie e tumori, non di rado aventi esito letale. La possibile correlazione, peraltro, emerge dalla relazione finale del progetto “Signum”, lo Studio di Impatto Genotossico Nelle Unità Militari promosso nel 2004 dallo stesso Ministro della Difesa sui militari impegnati in Iraq nell’operazione “Antica Babilonia”. La conclusione dello studio è nel senso di considerare responsabile delle malattie e dei morti dei soldati italiani mandati in missione all’estero. Non il famigerato uranio impoverito, ma altri agenti, come cadmio e nichel, sostanze chimiche cancerogene, e vaccinazioni fatte in dosi massicce, che potrebbero aver provocato dei danni nell’organismo dei soldati.” dichiara l’avvocato Carta.
Secondo la tesi che porta avanti e i casi analizzati, il sospetto è che alcune morti di giovani militari o, comunque, il divampare di gravi patologie in giovani tendenzialmente più sani della media sia la conseguenza di una somministrazione troppo ravvicinata e massiccia dei vaccini, talvolta fatta senza alcuna preventiva di anamnesi. Sono gli stessi militari a dichiarare all’avvocato che nello stesso giorno son stati somministrati loro fino a dieci vaccinazioni. “Personalmente, non contesto la pratica in sé della vaccinazione, ma mi batto affinché, quanto meno, siano rigorosamente rispettati i protocolli medici di somministrazione e, soprattutto, sia riconosciuto il diritto costituzionalmente garantito anche ai militari di rifiutare un trattamento sanitario.” sostiene l’avvocato Carta. La denuncia arriva dal fatto che i militari non possono rifiutarsi di sottoporsi a tali vaccinazioni. “Ai militari italiani viene inculcato di essere obbligati a sottoporsi a vaccinazione e, difatti, almeno fino ad un recente passato, chi si rifiutava, era sottoposto a procedimento disciplinare e addirittura penale militare. Una volta, difesi in giudizio un maresciallo dell’aeronautica che, per essersi rifiutato di acconsentire alla vaccinazione, era stato inquisito per il reato di disobbedienza militare e rischiava fino ad un anno di carcere. In una situazione del genere, è ovvio che per me sarebbe già sufficiente che fosse finalmente affermato il principio per cui, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione, nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”
Nei giorni scorsi il padre di Francesco Rinaldelli ha visto riaccendersi la speranza: la sentenza 308-2014 del Tar del Friuli Venezia Giulia impone al Ministero della Difesa di riesaminare la richiesta fatta (rigettata inizialmente) di considerare il ragazzo deceduto di cancro “vittima del dovere”.