Ieri mio padre, mentre mi lamentavo per l’arrivo dell’ennesima tempesta, che mentre scrivo sta mettendo a ferro e fuoco la città, mi ha riferito un’affermazione di mio fratello: “solo mia sorella si è innamorata di una città nella quale nessuno di quelli che conosco vorrebbe vivere”. Ho chiesto a mio padre: “in base a cosa?” e lui mi ha detto: “anche per il tempo: uragani d’estate e temperature polari in inverno”.
Ora, premettendo che io, per lavoro e per passione, andrei a vivere anche in Alaska e che prima di New York, ho amato profondamente, e ancora amo, Napoli e L’Avana (dove volevo trasferirmi a fare l’insegnante), mi sono chiesta se davvero si possano basare le proprie scelte di vita sul meteo o sul cibo. Tanto per aggiungere una variabile che viene spesso usata da noi italiani. Il mio amico Riccardo, ad esempio, ha scelto la Florida perché detesta il freddo ma è anche vero che lì fa il lavoro che voleva. Io non vivrei mai in Florida (con tutte le dovute precauzioni con le quali vanno pronunciati i “mai”), ma, quando a NY scendiamo a meno venti gradi, un po’ di invidia per Riccardo la provo. Quando, però, mio padre mi ha chiesto cosa mi piaceva di NY io ho risposto, come prima cosa, “che i mezzi pubblici funzionano e si può vivere senza automobile”. Un esempio per sintetizzare l’esistenza di una serie di servizi che rendono la quotidianità più semplice e che, in Italia, mi mancano in maniera insopportabile.
Nel pomeriggio, è venuta a farmi visita la mia amica giapponese Mika che, sempre parlando dell’orribile tempo, mi dice “se almeno qui fosse come in Giappone dove i mezzi di trasporto sono sempre in orario e c’è l’aria condizionata persino nelle piattaforme di attesa dei treni”. Attraverso il suo racconto ho scoperto, dunque, che a Tokio, Sapporo o in qualsiasi altro centro del suo paese, le cose funzionano talmente bene che, in confronto, New York sembra un incubo. Contemporaneamente mi è venuta la tentazione di trasferirmi da quelle parti e ho pensato, con un brivido di terrore, alla mia prossima visita italiana. Quando ho raccontato a Mika che arrivare da Cava de’ Tirreni a Napoli è quasi impossibile senza auto, che i treni non sono mai in orario, che saltano le corse senza ragione, che spesso non hanno aria condizionata e che sono sporchi come pattumiere, mi ha guardato con perplessità. “New York ti sembrerà un paradiso allora”, mi ha detto. “Esatto”, ho risposto io.
Mi è venuta in mente allora una battuta di Luciano De Crescenzo che ricordava come, in fondo, si è sempre meridionali di qualcuno. A New York, siamo “meridionali” rispetto al Giappone, nel senso di avere una qualità di servizi peggiore. E ho improvvisamente capito perché così pochi giapponesi scelgono di vivere in Italia. E anche molti italiani.