A rompere la magia dei preparativi per la settimana lagunare è il Censis, che oggi rende noto l’esorbitante costo dello spread digitale in Italia, che sfiora i 10 milioni di euro al giorno. L’istituto stima che lo sviluppo del commercio online e l’uso della moneta elettronica, portati quantomeno ai livelli della media europea, un’azione di razionalizzazione delle banche dati della Pubblica Amministrazione centrale e soprattutto l’azzeramento del disavanzo nella bilancia dei pagamenti per i servizi informatici potrebbero “liberare” qualcosa come 3,6 miliardi di euro l’anno da investire in servizi innovativi, tecnologie e reti. Investimenti che potrebbero diminuire il divario digitale e far crescere le competenze digitali per la creazione di nuovi posti di lavoro, aumentare la competitività delle nostre imprese e aprirle davvero al mercato globale e razionalizzare (anche dal punto di vista economico) i servizi della Pubblica Amministrazione, favorendo e accelerando comportamenti e abitudini digitali degli italiani.
Popolo di santi, poeti e navigatori, ma non della Rete. A utilizzare Internet è il 58% della popolazione, contro una media europea del 75%, senza citare il 90% di Regno Unito, seguito a ruota dalla Germania (84%) e dalla Francia (82%). Se poi si guarda alle imprese, il ritardo italiano è davvero imbarazzante. Le imprese italiane che vendono (anche) online i propri beni e servizi rappresentano un misero 5% del totale complessivo, contro una media europea che è quasi tre volte tanto (è del 14%), con un valore delle vendite realizzate fermo ad appena il 2% del fatturato complessivo. Dato medio, che al Sud è quasi azzerato (0,5%). Eppure l’Europa è il primo mercato mondiale nell’e-commerce, davanti agli Usa e alla zona Asia-Pacifico e, nel 2013, la vendita del Made in Italy piazzava l’Italia tra i primi 5 Paesi manifatturieri del G20 per esportazioni nei Paesi emergenti. Al solito, l’Italia è la perfetta rappresentazione della contraddizione: ritardi, mancanze e miopie politiche accompagnano mortalmente un sempre nascente sviluppo, limitandone così tanto la spinta fino quasi a negarlo.