Lobby

Eni, le intercettazioni sul acquisto del maxi giacimento in Nigeria

Negli atti le telefonate del 2010 dell'allora direttore generale De Scalzi in merito alla concessione del più grande deposito petrolifero del paese africano

Contrariamente a quanto riportato dalla agenzia Reuters ripresa dal Fatto Quotidiano, la Procura di Milano non ha iscritto nel registro degli indagati Paolo Scaroni e Luigi Bisignani insieme al mediatore Gianluca Di Nardo e alla società stessa Eni spa, per l’ipotesi di corruzione internazionale in merito all’acquisto della concessione petrolifera OPL 245 al largo della Nigeria, nell’aprile del 2011. La stessa Reuters ha precisato ieri la correzione con una nota. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, dopo avere iscritto sul registro – come svelato ieri dal Fatto – l’Eni come persona giuridica ai sensi della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle imprese, stanno tuttavia valutando anche la posizione di altri top manager che si sono occupati dell’acquisizione. Manager come Roberto Casula, allora presidente della controllata locale NAE, Nigerian Agip Exploration Ltd, e ora promosso a coordinare tutte le esplorazioni e anche lo stesso Claudio Descalzi, allora direttore generale di Eni e ora divenuto amministratore delegato al posto di Paolo Scaroni sono citati più volte nelle carte dell’indagine.

La scelta del Governo di rinnovare senza traumi l’Eni facendo diventare amministratore il numero due di Scaroni presentava il vantaggio di limitare i traumi ma anche qualche rischio. L’operazione nigeriana era uno di questi. Il duo Descalzi-Scaroni lavorava in piena sintonia insieme a Luigi Bisignani all’acquisizione oggi all’attenzione della Procura di Milano al punto che i pm napoletani, pur avendo ascoltato la sua voce mentre parlava con Luigi Bisignani, indagato nell’inchiesta P4 per la quale ha poi patteggiato 19 mesi di condanna, hanno scambiato Descalzi per il suo capo. I pm napoletani Henry John Woodcock e Francesco Curcio hanno sentito per sommarie informazioni nel marzo del 2011 Scaroni per chiedergli conto di quelle conversazioni sulla Nigeria con Bisignani ma – a sorpresa – Scaroni ha detto ai pm: “Quello non sono io, è Descalzi”. E anche Bisignani, interrogato a lungo da Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, ha confermato: “Parlavo con Descalzi”.

La licenza miliardaria e la società misteriosa – Nel 1999 il Governo nigeriano concede la licenza petrolifera per il più grande giacimento off-shore del paese a una misteriosa società, Malabu, che paga una ventina di milioni di dollari una licenza che è stata poi comprata per un miliardo e 300 milioni nel 2011. Il ministro del petrolio è Dan Etete e il capo del Governo è il dittatore Abacha. Poco prima di lasciare il potere Etete assegna la concessione più promettente della Nigeria alla misteriosa società Malabu, che per i giudici della High Court di Londra sarebbe riferibile tramite prestanomi allo stesso Etete, poi condannato per un’altra vicenda in Francia per riciclaggio, e al figlio dell’ex dittatore nigeriano Abacha, accusato di violazione dei diritti civili. Etete cerca di entrareincontattoconEnipervendereOPL245alla fine del decennio scorso. Nel 2010 entra in campo un uomo di affari nigeriano che vive a Londra. Si chiama Obi ed è amico di Gianluca Di Nardo, un imprenditore italiano amico di Luigi Bisignani. Grazie all’uomo che sussurrava ai potenti, la cordata entra in contatto con Paolo Scaroni, potentissimo amministratore di Eni che mette sul binario giusto la trattativa. Scaroni indica a De Scalzi la strada per la Nigeria e questa passa per Luigi Bisgnani. Il capitalismo di relazione funziona come un orologio in Italia meglio che in Nigeria: in poco tempo Etete si trova a cena a Milano all’hotel Principe di Savoia con Claudio De-scalzi. Nell’autunno del 2010 però sorgono una serie di intoppi. Il primo dei quali è una causa minacciata dal figlio del generale Abacha che lamenta di essere stato fatto fuori dalla società Malabu dopo la morte del papà dittatore nel 1998. A questo punto Eni comincia a pensare di fare l’affare direttamente con il Governo, comprando la concessione dallo Stato della Nigeria.

I pm di Napoli intercettano le preoccupazioni di Gianluca Di Nardo. Il 13 ottobre del 2010 l’uomo d’affari chiama Bisignani e gli dice con slang poco british: “Ci hanno scavalcato completamente, vanno direttamente da lui (cioè vanno direttamente da Dan Etete senza passare dal nostro amico Obi, Ndr) ci hanno detto, voi ovviamente… le vostre cose non prendete nulla, vi faremo fare qualcosa ci hanno inculato, ci hanno inculati di brutto”. Di Nardo ha in mente una controffensiva: “Guarda tu devi chiamare il numero 2 e dici guarda… non va mica bene, non si fa più niente, bi abbiamo fatto fare un affare della madonna che non prendiamo più niente…zero, eh capisci?”. Bisignani si impegna e qualcosa deve fare. Nel verbale di interrogatorio a Napoli spiega ai pm Woodcock e Curcio: “Quello che definiamo nelle suddette conversazioni numero uno è Scaroni; il numero 2 è Descalzi. Di Nardo avrebbe lucrato una mediazione se l’affare fosse andato in porto e anche io– conclude Bisignani -sicuramente avrei avuto la mia parte”. Alla fine l’affare viene concluso nell’aprile del 2011 con uno schema diverso: Eni compra dal Governo nigeriano pagando un miliardo e 92 milioni di dollari.

Descalzi, le conversazione e la cena al Principe di Savoia di Milano – Contestualmente il Governo nigeriano, che incassa da Shell un bonus di 200 milioni di dollari, gira una somma identica a Malabu. Poi Etete non paga la commissione promessa ai mediatori, in testa Obi. L’amico di Di Nardo però fa causa a Londra e nel 2013 vince ottenendo una sentenza che impone a Malabu di pagare alla sua società 110 milioni di dollari. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Obi ai giudici londinesi, Di Nardo è uno degli ‘investitori’ che lo segue e quindi, anche se Bisignani afferma il contrario, gli italiani teoricamente avrebbero diritto a una parte della torta vinta davanti alla giustizia londinese. Comunque, tornando al 14 ottobre del 2010, il giorno dopo le richieste di Di Nardo a Bisignani perché intervenisse su Scaroni e Descalzi, arriva la telefonata che è stata fatta ascoltare a Bisignani dai pm milanesi. Descalzi fa un rendiconto a Bisignani: “Ah, benissimo, allora… situazione… status… sono qua, stanno negoziando, sono qua, dire che direi che le cose stanno, penso, procedendo bene a parte per un solo punto, che riguarda il settlement agreement (accordo transattivo)… che è quell’agreement che poi è il cappello di tutto, (che chiude il contenzioso con la Repubblica Nigeriana, ndr) e i contenziosi fra le parti. Ora, quello che sta dicendo il nostro amico, c’ha in mano saldamente tutto, volevo confortarti su questo… e… dice guarda, se il venditore chiude con Shell vuole, qualcosa in più da Shell. Quello che io gli ho detto è che effettivamente nell’offerta c’è già questo discorso. Se noi prendessimo un asset (la concessione OPL245, Ndr) che è ancora un litigio fra Shell e… poi il problema vero, gli ho detto… guarda che se non si è questo Settlement fra le parti, Shell non ci permette di bidare (cioè fare l’offerta Ndr). Questo qua è il discorso. Poi adesso io sto partendo per Parigi, lo sentirò stasera”.

All’assemblea degli azionisti Eni, Paolo Scaroni in risposta a chi chiedeva conto del ruolo dell’attuale Amministratore ha detto: “Claudio Descalzi non ha avuto un ruolo operativo nei negoziati relativi a OPL 245”. Eppure, dagli atti della causa di Londra, sul caso Malabu emerge che il 4 febbraio 2010 si è tenuta una cena al Principe di Savoia di Milano organizzata da Obi e alla quale hanno preso parte Obi stesso, il mediatore russo Agaev, Etete e Descalzi. Il giudice crede che quella cena “era un significativo avanzamento per Malabu e che la cena dimostrava precisamente a Etete cosa le entrature in Eni di Obi erano in grado di ottenere per Malabu“. Nel periodo agosto-ottobre 2010 “Obi si è incontrato frequentemente con Eni e in particolare con Descalzi”. Secondo Eni: “l’unico interlocutore dell’operazione è stato il governo nigeriano, senza avvalersi di alcun intermediario, come sempre accade per le nostre operazioni. Le negoziazioni operative – procedura standard in operazioni così complesse – sono demandate ad appositi team negoziali che includono le varie funzioni aziendali coinvolte. Ovviamente in operazioni di acquisizioni di questa rilevanza e’ frequente che vi siano contatti ad alto livello di management, ma che non hanno carattere negoziale”.

Aggiornato da redazione web il 9 luglio 2014

AGGIORNAMENTO

l’Ing. Roberto Casula è stato assolto con sentenza passata in giudicato nel processo c.d. OLP 245 e la sua posizione è stata archiviata per quel che riguarda il reato di corruzione internazionale per la c.d. vicenda congolese.