Voi Gufi non vi rassegnate mai eh, sempre a parlare male di Renzi, sempre a cercare qualcosa che non va, a spaccare il capello in quattro, a fare gli spiritosi perfino quando il premier da solo prende di petto coraggiosamente i tedeschi e la potentissima Bundesbank e dice che l’Europa è dei cittadini e non dei banchieri.
Parole sacrosante, ma osserviamo che andrebbero dette ai tanti italiani vessati dalle banche, quelli a cui il governo del Renzi medesimo si appresta a dare il colpo di grazia reintroducendo l’infame anatocismo, cioè gli interessi pagati sugli interessi, vero strozzinaggio di Stato.
È stato già precisato che quella norma sarà tolta, ma per voi esistono solo le brutte notizie. Del resto al Fatto vivete di quelle: tanto peggio tanto meglio, non è vero?
Se e quando l’infamia sarà eliminata lo scriveremo volentieri, i giornali dovrebbero servire a denunciare le storture, non a pubblicare le veline governative.
Ma quali veline, l’informazione dovrebbe farsi carico dello sforzo del premier e dei suoi ministri per superare una crisi devastante. Dovreste scrivere piuttosto che la Borsa ha ripreso a crescere così come l’interesse dei grandi investitori per il nostro Paese. L’Italia cambia verso non è solo uno slogan.
Effettivamente in tema di slogan e di annunci Renzi conosce pochi rivali. Per non parlare del famoso cronoprogramma. A febbraio le riforme, a marzo il lavoro, ad aprile la pubblica amministrazione, a maggio il fisco, a giugno la giustizia, boom. Molte “linee guida”, molte conferenze stampa corredate da effetti speciali. Per fare una legge non basta comunicarla, ma bisogna che diventi operativa, che faccia sentire i suoi effetti nella vita reale e non solo nei titoli dei tg.
In pochi mesi Renzi sta facendo una rivoluzione che non si era vista in vent’anni. Non è colpa sua se la velocità con cui agisce non è quella del Parlamento e di certe conventicole che anche nel Pd cercano di creare problemi per conservare i loro piccoli privilegi. Quando ha potuto decidere da solo, dieci milioni di italiani hanno ricevuto e continueranno a ricevere 80 euro in più nella busta paga. Voi Gufi dicevate che erano solo promesse elettorali: dovreste chiedere scusa piuttosto che seminare dubbi.
È vero, gli 80 euro promessi da Renzi sono stati mantenuti, un colpo elettorale magistrale che alle Europee gli ha fatto piovere addosso un plebiscito di voti. Chapeau. Tutti gli indicatori della crisi continuano tuttavia ad annunciare burrasca: la crescita non si vede, i giovani senza lavoro sono la maggioranza e mancano perfino i soldi per la cassa integrazione. Sono disastri che Renzi ha ereditato, ma non si dica che è l’uomo dei miracoli. Quanto alle conventicole, è lui che dopo aver proclamato ai quattro venti la rottamazione della vecchia classe dirigente, non ha fatto altro che arruolare mandarini e ras del potere locale. Grazie a loro ha stravinto le primarie, ma questa è gente che poi presenta il conto.
In quel 40,8 per cento raccolto da Renzi non c’è solo l’apprezzamento per gli 80 euro che comunque rappresentano una svolta storica visto che c’è un governo che dà invece di prendere. Dovreste, invece, avere più rispetto per gli 11 milioni e 173 mila elettori che votando Renzi hanno votato l’ultima ciambella di salvataggio per non annegare. Voi lo criticate anche quando starnutisce, ma se lui fallisce per l’Italia è davvero la fine e questo la gente l’ha capito.
Per carità, se siamo al “dopo di me il diluvio”, è inutile discutere. Questa dell’ultima speranza è una furbata che non fa onore a Renzi e a chi la spaccia quotidianamente come vera, giornaloni compresi. In una democrazia degna di questo nome, non esistono uomini della Provvidenza. Quelli che abbiamo conosciuto, da Mussolini a Berlusconi, hanno fatto solo disastri. Nessuno se lo augura, ma se Renzi dovesse fallire una democrazia degna di questo nome dovrebbe avere non una ma dieci alternative. Come avverrà in America per il dopo Obama o in Francia per il dopo Hollande o in Germania per il dopo Merkel. Lì nessuno si fascia in anticipo la testa dicendo: poveri noi come faremo? In Italia il problema è un altro: con le cosiddette riforme istituzionali si cerca unicamente di blindare il potere dell’uomo di Rignano in modo da renderlo inattaccabile per un decennio almeno.
È un progetto condiviso da molti dentro e fuori l’Italia: dal Quirinale alla Confindustria all’Europa che teme di andare gambe all’aria se non si mette mano al nostro gigantesco debito pubblico. È la democrazia autoritaria di cui parliamo oggi sul Fatto e che si sta realizzando pezzo dopo pezzo nella indifferenza generale, con l’eccezione, bisogna dirlo, del M5S rimasto a presidiare l’opposizione. Temiamo che il perimetro della democrazia vada restringendosi. Pensiamo che in cambio della cosiddetta governabilità non si possa stravolgere la Costituzione eliminando via via tutele e contrappesi. Siamo solo un giornale, ma quando l’anno scorso il governo Letta e cosiddetti “Saggi” quirinaleschi tentarono la manomissione della Carta attraverso la modifica dell’articolo 138, la manovra fu sventata anche per merito delle quasi 500 mila firme che raccogliemmo in poche settimane. Siamo pronti a ripeterci. La parola ora passa ai lettori.