Ma proprio contro Germania e Olanda dovevamo andarci a mettere?, le due squadre europee più toste dei Mondiali, quelle arrivate alle semifinali, che giocano all’attacco, ma blindano la difesa. Difficile, con loro, fare gol, ma soprattutto non prenderne.
E’ senz’altro un caso, ma Germania e Olanda sono, nell’Ue, con la Finlandia, gli alfieri del mettere i conti in ordine prima e allargare i cordoni della borsa poi. Invece, i cantori della flessibilità, Italia e Spagna, insieme a Grecia e Francia, che, almeno, hanno fatto un onesto percorso, hanno subito scialato in Brasile il loro capitale –calcistico. Proprio come l’Inghilterra del ‘meglio soli che nell’Unione’.
La metafora calcistica è un giochino o poco più. Ma sono dieci giorni, dal Vertice europeo del 26 e 27 giugno, che, sulla flessibilità, assistiamo a uno stucchevole match di dichiarazioni e contro-dichiarazioni, mentre il Fondo monetario internazionale – è notizia di oggi- ci avverte che la ripresa nel 2014 sarà modesta, ma –è sicuro- accelererà nel 2015 (un déjà vu da almeno tre anni in qua).
Un match tutto sul filo del reciproco equivoco. Noi diciamo che loro al Vertice hanno ‘sdoganato’ la flessibilità. Loro dicono che la flessibilità sta già nel Patto di Stabilità e di Crescita: basta che la usiamo, se ci mettiamo nelle condizioni di farlo.
Così, il giorno stesso il premier Renzi fa l’elogio della flessibilità al Parlamento europeo, il premier olandese Rutte, parlando al Parlamento olandese, assicura che il Patto non cambia e che Berlino e l’Aja hanno respinto il tentativo di Roma e Parigi di ammorbidire le regole. Il discorso di Renzi innesca la reazione del Ppe –no a modifiche del Patto-, che provoca quella del Pse – chiederemo a Juncker come la pensa e, se non ci piace, non lo voteremo presidente della Commissione europea -, che scatena quella della Bundesbank , che fa di nuovo uscire dai gangheri Renzi – la Bundesbank stia fuori dal dibattito politico -, che chiama in causa il Governo tedesco – non ci sono divergenze d’opinione tra Italia e Germania- e che finisce in gloria con l’“ottimo rapporto” tra premier e la cancelliera certificato da Roma- la Mogherini – e da Berlino – il portavoce della Merkel. L’intesa si certifica sempre su banalità inoppugnabili: Italia e Germania vogliono un’Europa “competitiva” e la Bundesbank, come ogni altra banca centrale, è indipendente dal governo.
Pare di stare alla Fiera dell’Est di Angelo Branduardi. Senza che nessuno cambi posizione: ciascuno valorizza delle dichiarazioni altrui quel che gli interessa e gli fa comodo. Esempio: Manuel Barroso, presidente della Commissione, dice di apprezzare il programma di riforme del Governo Renzi e assicura che l’Italia gode nell’Unione di appoggio e credito. Ma, lontano da micofoni e taccuini, Barroso ammette di avere finora sentito solo annunci e di non avere visto nulla di concreto.
Ieri, a Bolzano, il premier Renzi è tornato su un suo mantra: “Difendiamo l’Europa dall’assalto della tecnocrazia, affinché non diventi patria di banchieri e burocrati… Senza crescita, l’Unione non ha futuro…”. Tutto bene, purché non si faccia un fascio di tecnocrazia e competenza, dando spazio alla politica dell’approssimazione.
E Padoan, che in settimana ha avuto un lungo colloquio con “l’amico Schaeuble”, rassicura – vedi l’intervista al Corriere della Sera di oggi – che non c’è problema e che non ci vorrà in autunno una manovra correttiva, fermo restando che l’Italia rispetterà le regole. Si cammina sul filo tra verità e paradosso, come fa Renzi, che, presentando il semestre, assicura “non chiediamo scorciatoie”, ma aggiunge “ci faremo sentire”. Magari si riserva il ruolo di Rizzoli arbitro in pectore d’una finale mondiale.