I carabinieri del Ros hanno eseguito un decreto di fermo firmato dalla procura di Roma nei confronti di Roberto Macori, Giovanni Plastino (già in carcere per altro) e Aniello Barbetta, per il tentato sequestro di Silvio Fanella – l’uomo rimasto ucciso la scorsa settimana a Roma, ne quartiere della Camilluccia – avvenuto nel 2012. Al momento ai tre non viene contestato l’omicidio dell’ex cassiere di Gennaro Mokbel, anche se il fermo è arrivato dopo una settimana di indagini sull’agguato.

Tante le similitudini tra il tentativo di sequestro di due anni fa e l’azione del commando avvenuta a Roma la scorsa settimana nell’abitazione di Fanella, commentano i magistrati nella richiesta di fermo: “In particolare – scrivono i pm Cascini e Ielo – l’azione del 3 luglio è stata compiuta da almeno tre persone, armate e unite di fascette per immobilizzare la vittima, che hanno esibito al portiere dello stabile ove abitava Fanella un tesserino di riconoscimento falso della Guardia di Finanza”. Una serie di coincidenze che hanno fatto temere una fuga di Macori e Barbetta – non sottoposti a nessuna misura cautelare – visto che l’indagine di Potenza era già stata racconta dal Quotidiano della Basilicata e ripresa da altre testate subito dopo l’omicidio. Un pericolo di fuga ritenuto serio e concreto.

I tre indiziati erano stati indicati come organizzatori di un tentativo di sequestro di Silvio Fanella avvenuto alla fine dell’agosto del 2012 in una informativa dei carabinieri di Potenza datata 2 ottobre 2013. Nel corso di una indagine sui clan di Melfi condotta dal pm di Potenza Francesco Basentini, erano state intercettate delle conversazioni tra Barbetta e altre due persone. Il contenuto era inequivocabile, il gruppo aveva organizzato un tentativo di sequestro nei confronti di Fanella, per riuscire a farsi rivelare il nascondiglio del “tesoro” frutto della truffa nei confronti di “Telecom Sparkle – Fastweb“. Particolarmente preoccupante era la possibile presenza di un ex componente della banda della Magliana, che gli investigatori non sono riusciti ad identificare.

L’omicidio dell’ex cassiere di Gennaro Mokbel è apparso subito come un ulteriore tentativo di sequestro, finito con un omicidio dopo la reazione della vittima. Gli investigatori hanno ricollegato – per ora da un punto di vista logico e storico – l’episodio del 2012 con quanto accaduto alla Camilluccia. Al momento – spiegano alcune fonti investigative – non ci sono elementi per provare il coinvolgimento dei fermati anche nell’omicidio della scorsa settimana.

Roberto Macori, che nell’informativa dei carabinieri di Potenza era ritenuto il mandante del gruppo partito dalla Basilicata, vantava, secondo gli investigatori, un credito su una parte del bottino in mano a Fanella, poi ritrovato in una sua abitazione in provincia di Frosinone. Macori, che aveva conosciuto un componente del gruppo lucano in carcere, è stato condannato lo scorso ottobre alla fine del processo di primo grado per il caso “Telecom-Sparkle Fastweb”, insieme a Gennaro Mokbel e Silvio Fanella. A riscontro degli indizi emersi fino ad ora, nella sua residenza – perquisita subito dopo la firma del decreto di fermo – sono stati ritrovati alcuni diamanti. Secondo i magistrati Macori ha avuto un ruolo di primo piano nella raccolta dei voti in Germania a favore dell’ex senatore del Pdl Nicola Di Girolamo, durante le elezioni del 2008.

Oggi è stato interrogato in ospedale Giovanni Battista Ceniti, uno dei componenti del commando che ha ucciso Fanella: “Non ho sparato, non ero armato”, ha detto Ceniti ai magistrati della procura di Roma che oggi sono andati al policlinico Gemelli per interrogarlo. In sostanza il ferito, ricoverato al policlinico Gemelli perché ferito a colpi di arma da fuoco dallo stesso Fanella, non ha voluto rispondere alle domande, limitandosi a fare una dichiarazione spontanea per negare di essere andato armato in via della Camilluccia, d’aver sparato e di essere, come gli si contesta, responsabile di omicidio volontario aggravato.

 

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