L’Europa ed i suoi Stati sono immobili dietro le nostre spalle. Incapaci di affrontare le conseguenze epocali che le loro azioni producono.
Ognuno di questi volti, di questi occhi neri come il profondo della notte che mi guardano felici per essere arrivati vivi, ha una storia da raccontare, ha ancora una vita davanti.
Ieri i migranti approdati a Lampedusa erano quasi tutti eritrei, giovani e poveri come non ne avevo mai visti, alcuni di loro non erano semplicemente disidratati dal viaggio ma denutriti, segnati nel corpo dal soggiorno forzato in Libia, dove spesso sono chiusi e raggruppati in casolari fatiscenti. Un soggiorno, il loro, che segue un viaggio nel deserto. Questi ragazzi, che vedo scalzi e con vestiti sporchi davanti a me, in gran parte fuggono da una leva obbligatoria a tempo indeterminato che non lascia alternativa alla strada della migrazione. Loro e tutti gli altri incontrati nelle scorse settimane fuggono però anche dalla miseria.
“Benvenuti in Italia”, gli dico alzando il pollice. E buona fortuna. Buona fortuna a loro perché quello che ho visto dice che in questo paese non c’è un sistema in grado di accoglierli adeguatamente. Buona fortuna a noi, invece, perchè avremo bisogno di tutte le nostre forze per continuare a restare umani.