Il marchio della Trans Adriatic Pipeline, la multinazionale che ha intenzione di far sbarcare il suo contestato gasdotto su una delle spiagge più belle del Salento, è apparso sulle luminarie dedicate a Santa Domenica. E con le sponsorizzazioni viene all’improvviso alla luce il fronte del sì all’opera
La sorpresa è stata di quelle che proprio non ci si aspettava: nel bel mezzo della festa patronale, al momento dell’accensione delle luminarie è apparsa, al posto dei fiori o di un’effige della Santa, la scritta “Tap”. Tap come Trans Adriatic Pipeline, la multinazionale che ha intenzione di far sbarcare il suo contestato gasdotto su una delle spiagge più belle del Salento. A Scorrano, in provincia di Lecce, la devozione ha ceduto il passo al marketing pubblicitario, arroventando le polemiche già aspre. “Vogliono comprare il consenso dei cittadini”, denunciano amministratori e ambientalisti.
Ciò che è certo è che si tratta dell’ennesimo capitolo dell’operazione generosità portata avanti dalla società svizzera. Si chiama strategia, certo: a suon di sponsorizzazioni, viene a galla un fronte del sì finora inedito, una bandiera per chi cerca il consenso sociale attorno ad un’opera che fa profondamente discutere. Il tutto a pochi giorni dall’arrivo in Italia del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, che il 14 luglio prossimo incontrerà il premier Matteo Renzi per chiedere di porre un punto fermo anche su questa questione. L’affare è consistente. Sul tavolo c’è la bellezza di un investimento pari a 40 miliardi di euro. 700 milioni di euro è pronta a sganciarli la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, come annunciato il 5 luglio scorso dal direttore generale per l’energia della Bers, Riccardo Puliti.
Il grande ostacolo per il mega tubo, attraverso il quale verranno trasportati almeno 10 miliardi di metri cubi annui di gas azero, rimane, però, altrove, in periferia. Nel Leccese. L’ultima parola spetterà al ministero dell’Ambiente, ma nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale la Regione ha già ufficialmente silurato il progetto, ritenendo inadeguata la localizzazione dell’approdo lungo il litorale di San Foca, marina di Melendugno e anima turistica dell’Adriatico.
È dopo quella bocciatura che si è deciso di invertire la rotta dell’immagine. D’altronde, la stessa multinazionale, lo scorso inverno, ha fatto “autocritica”, riconoscendo che fino a quel momento non si era “realizzata nessuna attività di comunicazione per dare grande visibilità a Tap”. La società si avvale ora della consulenza di Proforma, agenzia barese artefice di diverse campagne di comunicazione, la stessa che ha realizzato le famose slide di Renzi. Ha deciso di sfruttare, inoltre, la cassa di risonanza offerta dalla gettonata estate salentina. Il primo atto si è avuto a fine giugno: dopo un contributo di 5mila euro al comitato organizzatore, il logo aziendale è apparso sui manifesti 6×3 della festa dei Santi Pietro e Paolo di Galatina, la culla storica della pizzica e della memoria delle tarantate. Ed è stato diluvio di reazioni.
Tap cerca la tradizione, punta a far associare il suo nome al cavallo di battaglia del turismo pugliese. E ci riesce. Il suo marchio, due giorni fa, è apparso non su delle luminarie qualsiasi, ma su quelle dedicate a Santa Domenica, l’appuntamento annuale con l’estro artigiano, conosciuto in tutto il mondo, dei paratori e “villàri” di Scorrano. Di più. Di fronte alle bagarre, Tap tira dritto e lascia o fa litigare gli altri. Non è un caso che al consigliere regionale democratico Sergio Blasi (che ha accusato: “Si è svenduta la propria primogenitura per un piatto di lenticchie”) la replica dell’ “Associazione di volontariato Santa Domenica” sia giunta per il tramite dell’ufficio stampa della multinazionale. Scatenando gli uni contro gli altri: “Le istituzioni pubbliche non hanno mai concesso finanziamenti a questa manifestazione”, si legge nel comunicato, in chiara contrapposizione alla Notte della Taranta ideata dallo stesso Blasi. Così nel Salento ci si battibecca. Altrove, nel frattempo, si sta per decidere.