Sono finiti tutti rinviati a giudizio a poche settimane dalle elezioni: l’intera giunta comunale leghista di Adro, nel bresciano, appena insediata dopo le amministrative di maggio 2014, finirà a processo per rispondere a vario titolo dei reati di turbativa d’asta e falso ideologico nella gestione degli appalti. Tra gli imputati l’ex sindaco “sceriffo” di Adro, Oscar Lancini – che dopo la mancata elezione alle europee si è accontentato di un posto come vicesindaco nel suo paese, non potendo essere rieletto dopo due mandati consecutivi – il primo cittadino Paolo Rosa e gli assessori Lorenzo Antonelli, Giovanna Frusca e Patrizia Galli, oltre a una ventina di imprenditori e funzionari pubblici.
L’inchiesta della Procura di Brescia riguarda i lavori per l'”area feste” del paese, gestiti tra il 2012 e il 2013 dalla vecchia giunta guidata da Lancini. Ma travolge, con conseguenze da scoprire, la nuova giunta uscita dalle ultime elezioni. Con la riconferma della Lega alla guida del paese della Franciacorta (con il 56% dei voti) si è infatti riformata la vecchia squadra dello “sceriffo” Lancini: il suo braccio destro Paolo Rosa, ex assessore ai servizi al cittadino, è diventato sindaco; Oscar Lancini è stato nominato vicesindaco con delega ai lavori pubblici – il settore per cui era indagato; Giovanna Frusca, ex assessore ai lavori pubblici, ora si occupa del bilancio; Lorenzo Antonelli, già vicesindaco, è assessore all’ambiente mentre alla cultura è rimasta Patrizia Galli. Tutti indagati in qualità di ex assessori. Tutti ricandidati, rieletti, e ora imputati in un processo che inzierà a dicembre 2014.
Lancini era stato arrestato nel novembre del 2013 con l’accusa di essere “il regista” del sistema di appalti pilotati con cui il Comune aveva fatto costruire l'”area feste” del paese. Lavori per un valore di 642 mila euro, affidati ad alcune ditte “in violazione delle norme che regolamentano i lavori pubblici – scrive il pm Silvia Bonardi nella richiesta di rinvio a giudizio – senza ricorso ad una procedura negoziata” tramite una onlus, l’associazione Smeraldo, “direttamente riconducibile all’amministrazione comunale”. Lancini si è sempre dichiarato innocente, sostenendo di non aver tratto vantaggi personali e di aver agito nell’interesse dei cittadini. Secondo gli investigatori la Smeraldo procedeva all’assegnazione diretta dei lavori ad alcune imprese amiche (tra cui la Vallesabbia Servizi, ditta di trattamento di rifiuti pericolosi in cui lavorava il fratello del sindaco) che potevano scomputare così gli oneri di urbanizzazione e di compensazione dovuti al Comune.
Scandali e riflettori non hanno mai spaventato Lancini, che nel maggio scorso ha anche accettato in regalo da un imprenditore una statua di Nerone, installata al centro di una rotatoria spartitraffico: omaggio tutto leghista all’imperatore che bruciò Roma o sinistro richiamo a un arbitrio senza controllo? “Tra i diversi indagati si staglia la figura di Danilo Oscar Lancini – scriveva il gip nell’ordinanza di custodia del novembre 2013 – il quale (…) manifesta nella gestione della ‘res publica’ una disinvoltura che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparzialità imposte dalla legge”. Il sindaco e i tecnici comunali, secondo la Procura, dopo le perquisizioni dei carabinieri negli uffici del Comune avrebbero scritto e retrodatato le delibere autorizzative dei lavori. “L’assenza di remore evidenziata da tali condotte – concludeva il giudice – esclude che si tratti di soggetti che versano solo accidentalmente nell’illecito”.