Tecniche ottiche e genetiche per meglio comprendere la paura e un giorno disinnescarla. Perché se è vero che la paura ci aiuta a sfuggire al pericolo allo stesso tempo può generare profonde cicatrici che si legano a schemi cerebrali in grado di ripetersi molto tempo dopo. Così nascono i disturbi post traumatici da stress e altri disturbi d’ansia. Ora un gruppo di scienziati in Francia, utilizzando l’optogenetica nei topi, sta identificando i meccanismi cerebrali alla base di questa espressione della paura. L’optogenetica combina tecniche ottiche e genetiche di rilevazione, per sondare circuiti neuronali all’interno di cervelli intatti degli animali. A presentare lo studio sulla paura, oggi a Milano, è il gruppo di ricerca guidato da Cyril Herry dell’Inserm Magendie Neurocentre, a Bordeaux.
Durante il Forum europeo delle Neuroscienze Herry ha descritto una nuova ricerca sui topi, svolta utilizzando analisi comportamentali, dati elettrofisiologici e tecniche di optogenetica. L’obiettivo era analizzare i legami tra comportamenti generati dalla paura e memoria emotiva. “Abbiamo usato un nuovo paradigma comportamentale, che considera molti aspetti clinici dei disturbi da stress post traumatico” dice Herry. Queste ricerche hanno rivelato che una particolare area del cervello – la corteccia mediale prefrontale – è cruciale per l’espressione dei comportamenti condizionati dalla paura nei topi.
Utilizzando l’optogenetica, Herry e colleghi avevano già identificato nel corso di studi precedenti specifici circuiti neurali coinvolti in questi meccanismi. Ora una ricerca più recente ha mostrato che l’inibizione di particolari neuroni in una zona della corteccia prefrontale determina la risposta alla paura. Si tratta di una reazione a catena, in cui l’inibizione di alcune cellule ne attiva altre, che a loro volta attivano le aree del cervello che poi portano all’espressione della paura negli individui. Gli studi condotti da Herry e colleghi sono i primi ad analizzare l’attività cerebrale durante la generalizzazione della paura indotta da nuovi contesti. ”Speriamo di identificare i meccanismi cerebrali che portano alla generalizzazione della paura, e comprendere quali sono i circuiti neurali responsabili” spiega il ricercatore.
Il team ha sfruttato utilizza la luce per indurre l’attività delle cellule cerebrali degli animali. In questo modo gli scienziati possono stimolare gli impulsi del cervello, ed esaminare nel dettaglio come i circuiti neurali comunicano tra loro. Il tutto direttamente in vivo e in tempo reale. “Per studiare il comportamento legato alla paura nei topi, l’optogenetica permette di attivare neuroni in specifiche aree del cervello, con una precisione temporale al millisecondo senza precedenti. È anche possibile attivare o disattivare specifiche cellule o strutture cerebrali” racconta Herry.
“Combinando queste tecniche, siamo in grado di spiegare meglio come le risposte alla paura si manifestano nel cervello, e chiarire quali circuiti le generano”, sottolinea lo studioso. La speranza è che una migliore comprensione di questi meccanismi nel caso di stress post-traumatico possa portare ad avanzamenti nella cura di disturbi simili. “I nostri studi sugli animali potrebbero offrire nuove spiegazioni su come il cervello umano processa la paura, facilitando lo sviluppo di nuovi trattamenti per i disturbi da stress post traumatico e – conclude Herry – altre condizioni psichiatriche correlate”.