Ieri un centinaio di giornalisti precari hanno chiesto le dimissioni immediate del segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), Franco Siddi e di tutti i componenti della giunta esecutiva per aver siglato, assieme alla Fieg (gli editori) e Ordine dei giornalisti, una legge sull’equo compenso che prevede 250 euro lordi al mese. Davanti alla sede della Fnsi, in Corso Vittorio Emanuele a Roma, la tensione era scolpita sui volti e la rabbia si leggeva negli occhi. Freelance sottopagati, cassintegrati e disoccupati agitavano cartelli con su scritto: “Nessun giornalista è libero con 20 euro al pezzo!”, oppure “Il giornalismo non è un hobby” e “Il giornalista non è uno schiavo”. Poi una delegazione di manifestanti ha fatto irruzione nel palazzo ed è scoppiato un putiferio. Sono volati spintoni e Ciro Pellegrino, giornalista di Fanpage, promotore della protesta, si è portato a casa un livido sul braccio sinistro. “Non puoi parlare, tu hai un contratto, non sei un precario”: ha rinfacciato il segretario Fnsi al giornalista durante lo scontro. “Ho fatto tre anni di cassa integrazione, un anno da disoccupato e oggi difendo la mia professione”, replica Pellegrino. Siddi difende il contratto: “Non sono uno stipendio 250 euro, ma un minimo che l’editore per la prima volta deve riconoscere a chi scrive almeno 12 articoli al mese da 1600 battute. Alcuni giornali oggi per la stessa lunghezza pagano appena 5 euro”. Per chi scrive sul web? “Denari non ce ne sono!” sbotta il segretario, che alla fine assicura: “Io di certo non mi dimetto. Fra quattro mesi scadrà il mandato e allora sarò lieto di cedere la palla a qualcun altro”.
A giochi fatti l’Ordine dei giornalisti tenta di prendere le distanze dall’“iniquo compenso” – così l’hanno ribattezzato i precari- e decide con la maggioranza dei voti (55 favorevoli , 27 astenuti e uno contrario) di ricorrere al Tar. “A dicembre avevamo proposto 60 euro lordi a pezzo ma poi la Fieg e il sindacato hanno fatto accordi sottobanco”, si sfoga Pietro Eremita del Consiglio nazionale dell’Ordine. “È un contratto bidone, è un regalo agli editori, il sindacato ha legalizzato lo sfruttamento”, gridano in coro i freelance di tutte le età. “Non è solo una lotta di categoria – spiega Valeria Calicchio, 33 anni, un lavoro negli uffici stampa visto che coi giornali non ci campava -, qui c’è in ballo la qualità dell’informazione e la democrazia del nostro Paese”. Mariella Magazu, 38 anni, del Coordinamento giornalisti precari e freelance di Roma mette in guardia da un altro problema: “Se un freelance costa così poco, l’editore sarà invogliato a fare meno contratti, mettendo a rischio chi oggi è assunto con articolo 1 e 2”. In tanti, per sbarcare il lunario, sono costretti a un secondo lavoro: “Non ho sabati, né domeniche libere – confida uno dei precari – lavoro sempre: di giorno faccio il giornalista, di notte sistemo gli scaffali al supermercato”.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 luglio 2014