Botte da orbi nel mondo del calcio italiano. Le manovre per la corsa alla presidenza della Figc sono già cominciate. Ed in attesa dei candidati ufficiali, volano parole grosse. “Agnelli? Con quel cognome dovrebbe solo guardare in casa sua e a cosa ha fatto la sua famiglia, che ha spolpato l’Italia. Non ha il diritto divino di offendere gratuitamente chi nella vita ha sempre lavorato, prodotto e pagato le tasse”. Mario Macalli non è tenero col presidente della Juventus. “Ma la mia è solo una risposta”, spiega a ilfattoquotidiano.it. “Ognuno può pensarla come vuole, candidare chi ritiene più opportuno. Il confronto è giusto. Ma deve avvenire in termini democratici, sui programmi. Non con la delegittimazione scorretta dell’avversario”.
A scatenare la reazione del numero uno della Lega Pro sono state le dichiarazioni di ieri di Andrea Agnelli, che aveva attaccato Giancarlo Abete, accusandolo di essere scappato nel momento del bisogno. E aveva anche bocciato la possibile candidatura di Carlo Tavecchio, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, definendola “non autorevole”. Di qui l’inizio della diatriba e la replica di Macalli. “Siamo in questo mondo da tanti anni e siamo stati eletti dalle nostre società. Non ci stiamo a farci prendere a pedate in faccia dal primo che arriva”. La causa dell’ostilità non è solo l’inimicizia personale. Il calcio italiano è ad un momento di svolta, dopo il flop ai Mondiali in Brasile e le dimissioni di Abete.
All’improvviso c’è da scegliere il nuovo presidente federale, e i blocchi contrapposti sono due. Carlo Tavecchio, forte del 34% della Lnd, attualmente è l’unico nome sicuramente in corsa: ieri ha ricevuto ufficialmente dalla sua Lega l’incarico di verificare i margini per una candidatura. Rappresenta il calcio minore, la base del movimento. Per questo con lui potrebbe schierarsi anche la Lega Pro, ma anche alcuni grandi presidenti come Claudio Lotito. La Serie A, però, è tutt’altro che compatta. C’è un fronte che punta ad un rinnovamento più deciso. A fine giugno Barbara Berlusconi aveva invitato a lasciar spazio alla generazione dei quarantenni. Ieri il nuovo affondo di Agnelli, nei panni di ‘rottamatore‘: “Il calcio ha bisogno di riforme e interventi strutturali. Si sa benissimo chi non si vuole e chi invece serve”. Ma quella anagrafica è una questione marginale secondo Macalli, 77 anni, che guida la Lega Pro da quasi due decenni. “Io sono orgoglioso dei miei anni, ho sempre lavorato per la mie società. L’età non può essere il criterio con cui scegliere il nuovo presidente: dobbiamo guardare ai contenuti, ripartire dai giovani e dalle regole ferree sull’amministrazione finanziaria delle società. Ma la verità è che ai signori ai piani alti non piace essere controllati…”.
“E poi – prosegue Macalli – come osa Agnelli parlare di rinnovamento, quando in Serie A non sono mai in grado di cambiare nulla? I loro consiglieri per un anno e mezzo non si sono presentati in Figc come ripicca per il rifiuto al tesseramento del terzo extra-comunitario. E’ questo il modo in cui vogliono riformare il calcio italiano?”. Lo scontro è già totale, e ancora la corsa alla presidenza deve entrare nel vivo. I ‘rottamatori’ (insieme alle componenti tecniche, in testa l’Assocalciatori di Damiano Tommasi) cercano uno sfidante per Tavecchio: vorrebbero convincere Demetrio Albertini, o magari un altro ex calciatore dal nome prestigioso. Ma nessuno sembra voler scendere in pista senza le giuste garanzie numeriche. Il rischio di bruciarsi è molto alto. L’assemblea elettiva è fissata all’11 agosto, per candidarsi c’è tempo fino al 27 luglio. Venti giorni decisivi. E sullo sfondi resta il Coni, che osserva preoccupato. Giovanni Malagò pretende che il calcio italiano si dia una mossa, e cominci le riforme troppo a lungo rimandate. Non ha intenzione di forzare la mano. Ma se le spaccature dovessero esplodere, quella del commissariamento potrebbe diventare più d’una semplice ipotesi.