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Migranti: come l’Olanda non garantisce i diritti umani

Al comune di Amsterdam, i migranti senza documenti, non vanno bene neppure in carcere; dopo 6 mesi trascorsi in una prigione in disuso messa a disposizione dal borgomastro della capitale, Eberhard Van der Laan, un gruppo di richiedenti asilo uitgeprocedeerde (quindi ai quali è stato negato) finisce da oggi in strada.

Il contratto con il comune è terminato e il sindaco ha perso la pazienza. O perlomeno la tolleranza. I 6 mesi garantiti al gruppo, conosciuto come Wij Zijn Hier (noi siamo qui) sarebbero serviti, nei piani di Van der Laan, per “studiare una soluzione per il rimpatrio“. Ma il tempo è scaduto lo scorso primo giugno e di soluzioni neanche l’ombra: i migranti provengono, nella stragrande maggioranza, da paesi con istituzioni disastrate e tessuto sociale a brandelli e il loro rientro volontario è per gran parte di loro, un grave rischio per l’incolumità. In altri praticamente impossibile; alcune ambasciate si rifiutano addirittura di collaborare con le autorità olandesi, non riconoscendo i migranti come loro cittadini.

Il gruppo ha deciso allora di “occupare” il carcere ma dopo pochi giorni, sono stati  trascinati in tribunale dal sindaco e la scorsa settimana hanno perso la causa: da oggi sono ufficialmente in strada. A nulla sono serviti gli appelli dell’agguerrita chiesa protestante di Amsterdam, di Amnesty International e la pesante decisione del Consiglio d’Europa dello scorso autunno che puntava il dito contro le autorità olandesi, per aver violato la Carta Sociale Europea: per l’Aja chi non ha documenti, non ha diritti. Neanche quelli fondamentali.

Sullo sfondo di questa vicenda, i timidi e quasi incomprensibili, balbettii progressisti sono rotti solo dal ringhio dei partiti conservatori: chi è a destra urla ed indica la porta di uscita del paese, chi è a sinistra sta in silenzio perché governa il paese con chi è a destra. Persino chi è a sinistra della sinistra fa finta di niente perché governa, a livello locale, con la destra; d’altronde in un paese dove la gestione consociativa della cosa pubblica è pratica comune (Amsterdam è governata da una giunta destra-centro-ultrasinistra e il paese da una coalizione paars -violetta- laburisti-liberali) il buon senso finisce schiacciato sotto il peso del lavorio negoziale a tempo pieno. Due sedute, una della Tweede Kamer (la camera bassa olandese) e del Gemeenteraad (consiglio comunale) di Amsterdam sulla vicenda, si sono concluse con un nulla di fatto: il ministro della giustizia Fred Teeven del partito conservatore Vvd ha ripetuto come un disco rotto “non c’è margine di trattativa, devono andarsene”, il partito laburista Pvda, azionista di minoranza nel governo (e partito del sindaco di Amsterdam) ha con toni diversi, sposato la linea conservatrice  mentre dagli altri movimenti, inclusi verdi e sinistra radicale, il silenzio è assordante.

Sull’esperienza dei “migranti in carcere” presso la struttura messa a disposizione nella capitale, le valutazioni sono state, ovviamente, solo politiche: per il Pvda un’esperienza positiva, per i conservatori è stato un “fallimento” perché dopo sei mesi solo 6 migranti somali hanno scelto volontariamente di andarsene (in Etiopia però dato che la Somalia non li ha riconosciuti come suoi cittadini). Intanto, mentre i politici chiudono le valigie, fanno i check-in e si apprestano a correre verso l’aeroporto di Schiphol per lasciare il paese per le vacanze e sfuggire cosi all’autunnale estate di Amsterdam (in Olanda solitamente è luglio il mese di ferie) chi invece nei Paesi Bassi deve restarci, i richiedenti asilo del Vluchthaven ed altri uitgeprocedeerd sgomberati lunedì da un edificio occupato, preparano tende e materassini gonfiabili per passare la loro prima notte nel parco.

A maggio, un tribunale tedesco, aveva accolto il ricorso di un richiedente asilo somalo che chiedeva di non essere riportato nei Paesi Bassi, dove la sua prima domanda di asilo era stata respinta: secondo i giudici tedeschi l’Olanda non garantirebbe il rispetto dello standard minimo dei diritti umani ai migranti senza documenti. Alla luce degli ultimi eventi, forse, la sentenza del tribunale tedesco aveva un suo solido fondamento.