La consorte del re Guglielmo Alessandro ha un padre ingombrante: Jorge Zurreguieta, titolare dell'Agricoltura sotto la dittatura che nel 1978 contribuì alla discussa vittoria del mondiale di casa. In finale, a soccombere contro Kempes e compagni (e l'arbitro Gonella) furono proprio gli Oranje
Era il 25 giugno 1978 e il calcio dava il peggio di sé sul campo del River Plate. Al Monumental di Buenos Aires, con la complicità dell’arbitro astigiano Sergio Gonella, l’Argentina si laureava campione del mondo. La meravigliosa Olanda, quattro anni dopo la sconfitta di Monaco di Baviera contro la Germania, doveva accontentarsi di un nuovo secondo posto. I gol di Kempes e Bertoni regalavano lo sport planetario a Jorge Rafael Videla e alla sua giunta di massacratori in divisa. “Fu un Mondiale truccato, un Mondiale della vergogna sotto una dittatura che utilizzava il calcio per consolidarsi – racconta Alfredo Somoza, giornalista nato in Argentina e esperto di politica internazionale – A 300 metri dallo stadio della finale c’era il più grande centro di tortura e detenzione clandestina del paese, l’ESMA. Alla cena offerta da Videla alle 4 squadre finaliste, solo l’Olanda non si fa vedere: Argentina, Brasile e Italia sono al tavolo del macellaio. L’Olanda era stata l’unica voce critica, anche se partecipe, di quel Mondiale da dimenticare”.
Una Coppa a cui non aveva voluto prendere parte il mito del calcio orange, Johann Crujff, anche se non si è mai capito se le motivazioni furono etiche e politiche oppure sentimentali: pare che la moglie Danny non avesse apprezzato certi atteggiamenti particolarmente libertini tenuti dal compagno nell’edizione precedente. Come non fu mai chiarito se alcuni giocatori olandesi in quei giorni fecero visita alle mamme di Plaza de Mayo che protestavano per i loro figli spariti nel nulla. Certamente la propaganda ufficiale argentina ci andò giù pesante contro Neeskens e gli altri: capelloni, gay e drogati le definizioni più benevole date alla nazionale rivale.
Sugli spalti del Monumental quel giorno di fine giugno c’era anche Jorge Zurreguieta. Stava seduto nel palco d’onore accanto al generale perché lui, discendente di migranti baschi approdati a Buenos Aires, era il ministro dell’Agricoltura del governo. Zurreguieta, che oggi è ancora vivo e ha 86 anni, è il padre di Maxima, che di anni ne ha 43 ed è la regina d’Olanda. Maxima è nata in Argentina e ha vissuto lì fino alla maggiore età, prima che studi e lavoro la portassero in giro per l’Europa. Ha ottenuto la cittadinanza olandese solo nel 2001, per regio decreto, dopo il fidanzamento con Guglielmo Alessandro, allora erede al trono dei Paesi Bassi. Un anno dopo i due si sposarono alla Borsa di Amsterdam. Il 30 aprile 2013 il rampollo della casa Orange-Nassau è salito al trono in successione della madre, la regina Beatrice, ed è diventato il primo sovrano maschio da oltre un secolo.
“Sembra un romanzo di Soriano – commenta Somoza – Il matrimonio tra i due fu autorizzato, ma il Parlamento impose la clausola che il padre della sposa non partecipasse”. Fu ordinato uno studio sul possibile coinvolgimento di Zurreguieta, che fu in carica fino al 1981, negli orrendi crimini della dittatura argentina. Lui ha sempre smentito ogni ruolo: “Come membro civile del governo non ero informato” fu la sua versione. In Olanda non gli hanno mai creduto del tutto. Le nozze si tennero, ma Zurreguieta rimase a casa, così come non fu invitato all’incoronazione del genero. Poté atterrare a L’Aia solo per il battesimo dei nipoti, considerata una questione privata. All’aeroporto fu fischiato da un gruppo di contestatori. La regina è molto amata oggi in Olanda: con i suoi comportamenti è riuscita a fare dimenticare l’ingombrante figura del padre. Il paese non le pone domande su quale squadra tiferà questa sera, anche perché chi la conosce bene assicura che lei è argentina e vuole vedere Messi alzare la Coppa. Anche se in pubblico non lo dirà mai.