Secondo quanto rivelato da Il Messaggero e Dagospia, gli imprenditori saranno a breve partner di una concessionaria per l'advertising online insieme a Banzai. Nel 2005 Repubblica aveva fermato un primo tentativo di business fra i due, ma oggi dal cdr dicono: "Non vogliamo commentare né fornire alcuna informazione". Al Corriere bocche cucite. All'Espresso, invece, aspettano al varco: la prova del nove sugli effetti dell'accordo è la pubblicazione delle intercettazioni di Marina
Si sono scontrati per decenni a suon di dichiarazioni e battaglie legali, culminate con il risarcimento da parte di Fininvest di 494 milioni di euro per il Lodo Mondadori. Ma ora i rapporti tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti, da sempre competitor e rivali sul fronte politico, potrebbero essere a un punto di svolta e risolversi in un progetto di business. Nei piani dei due imprenditori, secondo quanto rivelato da fonti bancarie a Il Messaggero e Dagospia, c’è la costituzione di una concessionaria di pubblicità online. Quando? “Prima della pausa estiva”. L’obiettivo: fare cartello comune contro i giganti del web come Google e Yahoo! e contro la Rai di Luigi Gubitosi, rea di avere svenduto la pubblicità per i mondiali del Brasile.
I partner coinvolti sono quattro: sul fronte di Arcore c’è Mediamond – joint venture divisa tra Mondadori Pubblicità e Publitalia ’80, concessionaria di Mediaset – su quello dell’Ingegnere la Manzoni, incaricata della pubblicità del gruppo Espresso. A loro si aggiungono Rcs e Banzai, società controllata da Paolo Ainio e dalla Sator di Matteo Arpe. Il business comune tra il Cav e l’Ingegnere sarebbe una svolta storica, ma già in passato ci sono stati tentativi per fare affari insieme. Bisogna tornare al 2005, quando il fondo salva-imprese Management & Capitali di De Benedetti, ricorda Dagospia, aveva aperto ai figli di Berlusconi, che all’epoca Berlusconi era presidente del Consiglio. Ma le firme di Repubblica si opposero e non se ne fece nulla. Stavolta, invece, bocche cucite dal giornale. Almeno per ora. Il comitato di redazione – organo sindacale aziendale dei giornalisti – a ilfattoquotidiano.it taglia corto: “Non vogliamo commentare né fornire alcuna informazione”. Non rivelano se l’operazione sia stata appresa dai giornali o se fosse già stata illustrata in azienda, né tanto meno se intendano prendere posizione. Silenzio anche al Corriere, dove nel cdr c’è chi era all’oscuro dell’operazione e chi invece spiega di “non avere ancora trovato una linea comune” sulla nascente società di adv online. Non sanno nemmeno se la troveranno a breve e in ogni caso “dipende dagli sviluppi”.
Più battagliera la reazione del Cdr de L’Espresso che, del resto, ha in pancia la prova regina sul fatto che l’accordo tra nemici possa avere effetti anche sulla linea editoriale. “Con l’azienda non abbiamo mai parlato”, dicono i giornalisti incalzati anche sulle voci di un servizio sulle intercettazioni inedite di Marina Berlusconi fermo da giorni. “Due settimane fa abbiamo avuto garanzie dal Direttore che lo pubblicheremo. Sarà in qualche modo la prova del nove che questa novità non andrà a scapito dell’indipendenza della testata”, spiegano ancora, certo sorpresi che le larghe intese si stiano estendendo a forme di compartecipazione e cointeressenza economica e finanziaria tra gruppi concorrenti.
Il progetto, visti i protagonisti, ha i numeri per scatenare un terremoto sugli equilibri del mercato di settore. Di certo sarà osservato attentamente dall’Antitrust. Se la messa a punto dell’asse tra eterni rivali sorprende, il fronte comune si era comunque già delineato da tempo. L’ultimo segnale a fine giugno, quando nel corso di un convegno sull’economia digitale organizzato dal presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e Carlo De Benedetti si erano trovati d’accordo su tutta la linea. Ovvero che i big di internet devono pagare le tasse dove fanno utili e fatturato, così come fanno gli editori. E ora che si avvia il semestre europeo a guida italiana il premier Matteo Renzi deve mantenere la promessa fatta di portare il problema in sede europea, trovando anche una soluzione. Ma, a differenza di Google, Berlusconi, De Benedetti e Rcs sono anche editori. Non solo: rappresentano una parte considerevole del settore in Italia. Quindi, dato il loro peso sul mercato, se la società prenderà il via, ci saranno ripercussioni su altri editori e altre concessionarie di pubblicità.
E poi c’è il fronte calcio. Perché, scrive ancora Dagospia, “non è un segreto che Biscione, Rcs e Manzoni siano allibite per come Luigino Gubitosi ha gestito la vendita degli spazi pubblicitari dei Mondiali brasiliani”. Nemici comuni per un eventuale orizzonte di affari.