Intervista ad Alfredo D'Attorre, parlamentare "bersaniano": "Il patto del Nazareno non è la Bibbia e nessuno di noi ha mai capito in cosa consista. Ora è giusto mettere alla prova il M5s"
“Il patto del Nazareno non è la Bibbia e nessuno di noi ha mai compreso in cosa consista. Io sono per provare a prendere sul serio il M5s e per metterli alla prova”. All’indomani della risposta su “carta” del M5s ai dieci quesiti posti dal Pd, in un’intervista con ilfattoquotidiano.it Alfredo D’Attorre, parlamentare filobersaniano, uno di quelli che si spese maggiormente nel febbraio del 2013 affinché nascesse il governo del “cambiamento” con i pentastellati”, mette in discussione l’intesa con Silvio Berlusconi e rilancia: “Adesso il tema è quello di coinvolgere il M5s”. Del resto, “fino ad oggi abbiamo approvato in prima lettura la legge elettorale più congeniale a Verdini e Berlusconi”.
Onorevole D’Attore, ieri i Cinque Stelle hanno risposto con dieci sì alle dieci domande del Pd sulle riforma elettorale. Come dovrebbe comportarsi il Partito democratico?
Sono dieci sì condizionati. Io sono per provare a prenderli sul serio. E per metterli fino in fondo di fronte alle proprie responsabilità.
Ma, secondo alcuni retroscena dei giornali, per il premier la via privilegiata resta quella con Berlusconi, ovvero il patto del Nazareno.
Il patto del Nazareno nessuno di noi ha mai compreso in cosa consista. C’era stato detto che all’interno ci sarebbe stata un’intesa sulla legge elettorale e sulle riforme costituzionali. In realtà questo patto era un patto per approvare il prima possibile una legge elettorale più congeniale a Silvio Berlusconi e in più c’era soltanto il titolo della riforma costituzionale. Tant’è che quando abbiamo iniziato a discutere la riforma costituzionale si è subito compreso che l’intesa con Berlusconi sarebbe stata tutta da costruire. Il patto del Nazareno non è la Bibbia, al più indica un metodo, ovvero nel coinvolgere le forze di opposizione, si chiamino Forza Italia o M5s. E’ positivo che adesso ci sia il M5s a questo tavolo.
In tanti nel Pd, soprattutto nel mondo renziano, mettono in discussione l’affidabilità del nuovo interlocutore. E ripetono: “Mica si molla l’accordo con Berlusconi per Di Maio”.
A dire il vero la domanda sull’affidabilità dell’interlocutore riguarda anche Silvio Berlusconi. In ogni caso un accordo che prevede un Parlamento di nominati è un accordo inesigibile. Non c’è ad oggi in Parlamento una maggioranza per approvare una legge elettorale del genere.
Però giovedì scorso in un incontro a Palazzo Chigi fra Renzi e Berlusconi in cui si è discusso anche di legge elettorale il diktat berlusconiano è stato il seguente: “No alle preferenze”. E il premier non ha battuto ciglio.
Io sono convinto che alla fine anche Renzi si convincerà. È impensabile avere contemporaneamente un Senato elettivo e un Parlamento di nominati. E il nostro via libera sul Senato si lega all’impegno di modificare la legge elettorale. D’altronde, facciamo un esempio: come si può dire che facciamo una legge elettorale con liste bloccate soltanto perché le vogliono Verdini e Berlusconi, quanto tutte le altre forze politiche, penso al Pd, al Ncd, a Sel, al M5s, sono perché gli italiani scelgano gli eletti?
Al Senato i cosiddetti “dissidenti”, su tutti Corradino Mineo e Vannino Chiti, non mollano e continuano la battaglia, promettendo di votare secondo coscienza. Rischiano di essere “cacciati”, come è già in commissione Affari Costituzionali?
Non ho sentito che Renzi voglia cacciare qualcuno e mi auguro che non lo dica. È giusto richiamare tutti alla responsabilità che il voto ci ha assegnato e all’imperativo di fare le riforme. Ma è evidente che su materie del genere, stiamo parlando della Costituzione, un grande partito democratico tutela il diritto al dissenso. Lo dico io che non condivido le posizioni di Chiti e Mineo. Ma il problema non si risolve di certo cacciandoli.