Su Facebook impazza la pagina degli aforismi del ministro Mauro: gli F35 non sono aerei cattivi e non sono cattivi aerei. Intanto l’Olanda ha avviato un’inchiesta parlamentare a seguito di un pesante voto contrario al progetto F35; l’Australia non userà il cacciabombardiere Joint Strike Fighter come piattaforma esclusiva acquistando altri aerei; la Norvegia ha minacciato di ripensare le sue scelte sul JSF mentre la Danimarca ha riaperto la gara per decidere entro il 2015 di quale aereo dotarsi. La Turchia ha rinviato l’acquisto dei primi F35 ed il Canada ha sospeso la gara per l’acquisto del nuovo caccia. In Italia la polemica continua ma neanche l’ultimo incidente, un incendio scoppiato a bordo di un velivolo in fase di decollo alla base di Eglin in Florida, non è riuscito a porre fine alla questione.
Eppure proprio in merito all’ultimo incendio capitato c’erano dei sentori da parte del Dipartimento della Difesa americano che in un suo rapporto anticipava che: “Le superfici esterne dell’F35 sono conformi agli standard di sicurezza, ma ci sono ancora sette sottosistemi che non rispettano gli standard. In più, il Sistema di Generazione di Gas Inerte a Bordo (Obiggs) non riesce a fornire azoto a sufficienza per isolare in ogni condizione i serbatoi di carburante, che presentano un rischio potenziale di incendio… Migliorie nell’isolamento sono state tentate attraverso due fasi di studio. La prima fase ha portato ad un ripensamento preliminare del progetto e si concentrerà su modifiche all’Obiggs. La seconda fase si concentrerà sull’incremento dell’azione delle valvole di sfiato del carburante per consentire piena operatività in picchiata (ma si tratta di un intervento non previsto prima del 2014)”. Intanto i costi lievitano ormai si parla di 160 milioni di dollari per ciascun velivolo. Spese folli che in Italia sembrano non impensierire la leadership governativa visto che anche la questione sulle torrette per il veicolo Lince finì in un modo a dir poco rocambolesco. La fabbrica d’armi di Terni aveva indetto nel 2010 una gara per acquisire una torretta a controllo remoto vinta, per la componente elettronica, dal progetto dell’ingegner Paolo Roncella della società Telemetrik mentre la componente meccanica veniva realizzata dallo stabilimento dell’esercito di Terni.
Un prodotto meno sofisticato ma molto più economico rispetto a quello della Hitrole di Oto Melara: 40mila euro contro 250mila per ogni singola torretta. Nonostante i test avessero dimostrato l’affidabilità del prodotto la torretta Telemetrik non è mai stata ordinata. Per esponenti militari il sistema Telemetrik risultava intrusivo riducendo oltre misura lo spazio a disposizione dell’equipaggio. Quello che viene indicato come un difetto in realtà era il principale pregio del sistema. Essendo inserito in parte all’interno del veicolo aveva infatti una distribuzione di pesi analoga a quella del mitragliere collocato in ralla come ha spiegato l’ingegnere Roncella.
La Difesa scartò la torretta Telemetrik a vantaggio di quella Oto Melara che riuscì a piazzarla anche su un veicolo multiruolo russo prima che Mosca chiudesse le porte al nostro made in Italy. Di sicuro mentre negli Usa e in Russia le nostre esportazioni militari si sono drasticamente ridotte soprattutto con i russi dopo il post Berlusconi, in Italia nel nostro “buy italian” sembra che vige la regola dello spendere di più senza mezzi termini.