Daniele Bosio, diplomatico in Turkmenistan, è stato arrestato ad aprile a Manila in compagnia di tre ragazzini. Per l'avvocato Elisabetta Busuito: "E' un segnale forte che non esistono prove sufficienti sulle finalità di sfruttamento dell’accusato"
Ha ottenuto la libertà su cauzione Daniele Bosio, l’ex ambasciatore in Turkmenistan arrestato in aprile nelle Filippine con l’accusa di abusi sui minori. Lo ha annunciato l’avvocato Elisabetta Busuito, parte del team di difesa italo-filippino scelto dal diplomatico al momento del suo arresto, avvenuto durante un periodo di vacanza. “E’ stato rilasciato dalla polizia su autorizzate dal giudice della città di Binyan, periferia di Manila, dov’è rimasto in stato di detenzione per tre mesi per aver violato la severa legge a tutela dei minori vigente nell’arcipelago asiatico”, commenta il legale, spiegando che la libertà su cauzione in reati come quello di traffico di essere umani – di cui il diplomatico è accusato – viene concessa “a discrezione del giudice solo nel caso in cui non ci siano forti indizi di colpevolezza. Ed ecco perché la decisione è particolarmente importante per l’esito del processo”.
Il 46enne di Taranto, in carica dal 2 dicembre come primo ambasciatore italiano in Turkmenistan, stava trascorrendo alcuni giorni di vacanza nelle Filippine. quando a inizio aprile è stato arrestato a Manila per violazione della legge sui minori. Era stato fermato dalla polizia mentre era in compagnia di tre ragazzini di 9, 10 e 12 anni al parco acquatico di Binyan. Agli investigatori ha dichiarato che si trattava di “bambini di strada che lui aveva portato con sé da Manila” e che i loro genitori erano stati informati del viaggio. Il diplomatico si era sempre definito “assolutamente innocente”: “Ammetto di essere stato uno sprovveduto, e di aver inavvertitamente violato le leggi locali. Ma non sono un pedofilo e a quei bambini, come ho fatto in tanti altri casi ovunque io abbia vissuto o viaggiato, ho solo voluto regalare un po’ del mio tempo facendoli divertire. Spero che questo mostruoso equivoco finisca presto perché non ce la faccio più. Questa detenzione, profondamente ingiusta, comincia ad essere davvero pesante”.
Secondo l’avvocato l’ordine di scarcerazione del giudice testimonia che “non esistono prove sufficienti sulle finalità di sfruttamento dell’accusato nel condurre i minori al parco di Splash Island. Dalle prove finora addotte, dove il riferimento è alle testimonianze dei bambini, sembra che lo scopo della condotta dell’accusato fosse di portare i minori a nuotare”. Per la difesa del funzionario è tutto piuttosto chiaro. “Il reato di traffico è generato dall’esistenza di finalità di sfruttamento o di abuso e, riconoscendo la debolezza dell’impianto accusatorio i, il giudice implicitamente ammette la debolezza dell’accusa anche sull’altro reato di abuso di cui Bosio è accusato”, spiega l’avvocato. Che conclude: “Si delinea così la chiara vacuità di accuse contro le quali Daniele Bosio si batte in prima persona da oltre tre mesi con la forza d’animo che ne ha sempre spinto il coraggio a non lasciarsi andare mai”. Per la famiglia, le prime parole sono arrivate dal fratello Andrea: “Mio fratello ha compiuto un primo passo verso la libertà e verso la riabilitazione etica che nessuno Stato dovrebbe negare”.
L’accusa formulata dalla polizia filippina per l’ambasciatore è di “traffico di minori”. Un reato che comporta, secondo il codice penale filippino, una pena fino a 20 anni di reclusione e una multa di almeno un milione di pesos (circa 16.200 euro).