L'analisi sugli spettatori negli stadi emerge da un sondaggio di Datafolha, istituto di ricerca di proprietà del gruppo editoriale Folha. Lo studio non ha riguardato solo i supporters locali ma anche quelli stranieri. Gli statunitensi sono stati i più numerosi, grazie alla vicinanza ma soprattutto per il loro potere d’acquisto molto superiore alla media
“Una Coppa classista e anche un po’ razzista“. Così descrive il Mondiale un sondaggio di Datafolha, istituto di ricerca di proprietà del gruppo editoriale Folha di San Paolo. Nonostante una delle società più meticce e composite al mondo, con oltre metà degli abitanti che ha radici africane, sugli spalti a seguire il Brasile si sono visti quasi solo bianchi ricchi. Nella sfida degli ottavi di finale contro il Cile tre spettatori su quattro erano uomini, il 67% bianchi e il 90% apparteneva alle prime due classi sociali del paese.
Solo il 9% delle persone che ha risposto ai quesiti di Datafolha fa parte della cosiddetta classe C, la fascia di reddito medio-bassa con una retribuzione mensile sui 500 dollari o non di molto superiore che copre la metà della popolazione attiva del paese. Il 60% degli intervistati ha invece comunicato un reddito 10 volte superiore rispetto al salario minimo di 724 reais (320 dollari) al mese. Gli altri guadagnano anche di più.
L’ingresso allo stadio Mineirao di Belo Horizonte per la partita contro la Roja cilena costava in media 200 dollari. Alcuni biglietti a prezzi popolari, sui 25 dollari, erano previsti per i tifosi locali, ma erano solo il 5% del totale. Al Mondiale hanno partecipato solo i ricchi e i ricchissimi di un paese che ha vissuto un fase di forte crescita, ma che campa ancora di diseguaglianze fin troppo vistose. I facoltosi sono bianchi: per capirlo bastavano le rapide inquadrature delle tv internazionali agli spalti durante i match di Thiago Silva e compagni.
La tendenza non riguarda solo i match della squadra di casa, ma tutte le sfide che si sono succedute nei 12 impianti scelti dalla Fifa. Volo, hotel e ticket rappresentano un salasso che pochi si sono potuti permettere. Non stupisce che il popolo che ha migrato di più verso il Brasile durante il mese di Coppa siano stati gli americani. Per la passione crescente degli yankee verso il pallone, certo, e anche per la relativa vicinanza dei due paesi, ma soprattutto per il potere d’acquisto degli americani molto superiore alla media. Sono stati quasi 200 mila i biglietti aerei comprati dagli Stati Uniti in questo periodo. Al secondo posto l’Argentina con 61 mila, seguita da Germania e Inghilterra. La statistica della presenza di tifosi di colore sugli spalti si abbassa ulteriormente.
Inoltre il tifoso altolocato difficilmente partecipa o si fa sentire con i cori. Se l’effetto sonoro dell’arena che intonava a una sola voce l’inno nazionale è stato una costante da brividi, durante i novanta minuti i supporter verdeoro sono rimasti in silenzio. Durante le sfide contro Messico e Cile i cori degli ospiti coprivano quelli brasiliani e secondo alcuni commentatori alla squadra di Scolari in questo Mondiale è mancato il fattore casa.
Il Brasile ha dovuto adeguare i suoi stadi e il suo modo di vivere la partita per il grande ballo universale della Coppa. Gli impianti sono stati ammodernati e resi più sicuri, ma meno coinvolgenti. Ovunque è scomparsa la Geral, il settore con i posti in piedi più vicino al campo di gioco, dove di solito siede la parte più animata e organizzata della tifoseria. La più famosa di tutte era quella del Maracanà, abbattuta nel nuovo design che ha ridotto di quasi centomila unità la capienza. Ma tanto questo non è più un problema del Brasile.