Una partita dalle mille valenze e l’infinito valore. Argentina-Germania è la sfida tra due Paesi in condizioni più diverse non potrebbero essere. Ed è il peggior incubo del Brasile che può diventare realtà. Ma è anche la bella tra due grandi scuole calcistiche, dopo Messico ’86 e Italia ’90; la grande occasione di Leo Messi per eguagliare il mito di Diego Armando Maradona. O persino il derby del Vaticano, con la sfida tra il tifosissimo Papa Francesco e l’emerito Ratzinger. Semplicemente, Argentina-Germania è la finale di Brasile 2014, che deciderà la vincitrice del Mondiale dei Mondiali.
Domenica al Maracanà si affronteranno due nazioni che attraversano una fase socio-economica agli antipodi. La Germania è sempre più padrona dentro e fuori dal campo: Angela Merkel detta legge in Europa come Muller e Schweinsteiger sul terreno di gioco. La nazionale è lo specchio fedele di un Paese in crescita, forte, sicuro di sé. Dove tutto funziona, proprio come negli schemi di Joaquim Loew. Tutt’altra storia in Argentina. Dopo il default di inizio Anni Duemila, il Paese è di nuovo sull’orlo del fallimento. Mentre la presidente Kirchner cerca una soluzione per i problemi finanziari nello Stato, l’Albiceleste è una delle pochi fonti di gioia per gli argentini, che tremano per l’eventualità di una seconda, devastante crisi economica. Per questo, almeno in Europa, tanti preferirebbero una vittoria di Messi e compagni. Sia Argentina che Germania, comunque, potranno contare su un tifoso speciale in Vaticano: Bergoglio, il pontefice in carica, è da sempre grande appassionato di calcio, lo scorso agosto aveva anche ricevuto in udienza la Seleccion. Il papa emerito, Benedetto XVI, non ha mai mostrato fino ad oggi grande interesse per le vicende dello sport. Ma chissà che per quella che è già stata ribattezza come la “finale santa” non possa fare un’eccezione.
Di sicuro, invece, la Germania avrà dalla sua parte il calore dei tifosi brasiliani. Ieri sera, nello stadio tutto esaurito di San Paolo, i supporter locali presenti hanno fischiato e pregato che la semifinale avesse un altro esito. Perché la disfatta contro la Germania, che manda in soffitta lo storico Maracanazo, potrebbe non essere il dolore più atroce per il popolo di casa. C’è un coro, che dall’inizio del torneo impazza nella torcida argentina: “Brasile, dimmi cosa si prova ad avere in casa tuo papà”. Ovvero, a vedere gli eterni rivali alzare la coppa nel tempio del futebol brasileiro. Duecento milioni di brasiliani sperano di non scoprirlo mai, ma a questo punto la possibilità è concreta. “L’incubo aumenta”, scrive il quotidiano brasiliano O Dia.
Dovesse accadere, il disastro sarebbe completo. Allora sì che il Paese rischierebbe di sprofondare nella depressione. Per un mondiale organizzato contro la volontà e gli interessi della popolazione e che alla popolazione non ha regalato la gioia della coppa, ma la beffa del trionfo del nemico. L’Argentina, invece, può essere l’altra faccia della stessa medaglia. Un popolo in difficoltà, che nel pallone trova motivo di riscatto. Se lo augurano gli argentini, e in primis la presidente Kirchner, in calo nei sondaggi dopo le recenti peripezie del governo. L’esatto opposto di Dilma Rousseff, che in Brasile teme un tracollo dopo la sconfitta.
Ma una finale dei mondiali è innanzitutto e soprattutto calcio. L’Argentina aspetta questo momento da 24 anni. “La partita della vita”, già titola Olé. L’ultima volta, allo stadio Olimpico di Roma, fu sconfitta da un rigore discutibile a cinque minuti dalla fine. C’era Diego Armando Maradona in lacrime in mezzo al campo, e dall’altra parte proprio la Germania. Domenica l’Albiceleste si aggrapperà a Leo Messi. La partita del Maracanà sarà la sua grande occasione per diventare il più grande di sempre. Come Diego: il suo mito, il giocatore di cui è stato una sorta di incredibile reincarnazione moderna. La Pulce in carriera ha vinto tutto: scudetti, Champions League, quattro palloni d’oro consecutivi. Manca solo il trionfo con la nazionale: impresa riuscita a Maradona nell’86, da protagonista, guarda caso contro la Germania. Più che una finale, allora, sarà un appuntamento con la storia. Per la Germania e il suo progetto di rinnovamento, a cui manca solo l’ultimo tassello per essere perfetto. Per l’Argentina e il suo campione. E un po’ anche per il Brasile, il cui incubo non è ancora finito.