Lungo il Reno c’è una cicloturistica. Lungo il Danubio pure. Lungo il Po no. Se ne parla da anni, ma non se ne è mai fatto nulla. Adesso c’è qualcosa di più concreto, un progetto del Politecnico di Milano, dal nome attraente: “Vento“. Che non è il vento, bensì l’acronimo di Venezia-Torino. La ciclopista che congiungerebbe le due città transitando sulle sponde del fiume padano. In parte utilizzando percorsi esistenti, in parte adeguando strutture già in loco, in parte solo realizzando ex novo.
Infatti, Vento costerebbe solo ottanta milioni di euro. Ottanta milioni di euro per realizzare la più lunga ciclabile italiana ed una delle più lunghe d’Europa. Ottanta milioni di euro bene investiti perché il cicloturismo dove viene praticato genera ricchezza sul territorio attraversato. In Germania 3,9 miliardi di euro all’anno, in Francia si parla di 16.500 occupati nel settore, in Austria 7.500. Nel caso di Vento sarebbero più di 10.000 le aziende agricole potenzialmente interessate dal percorso e che potenzialmente potrebbero trarre benefici dalla frequentazione dolce. 2.000 invece i posti di lavoro stimati e stabili. Ottanta milioni di euro per 679 chilometri.
Come ricorda Luca Martinelli di Altreconomia, la tangenziale est esterna di Milano dovrebbe costare ottanta milioni di euro. A chilometro. Quali i benefici per l’economia, per la collettività da un nastro di asfalto per alte velocità? Ottanta milioni di euro non solo per dare una spinta all’economia, ma anche per far conoscere il territorio, che invece, quando attraversato con l’auto o, peggio, con l’alta velocità, è solo uno sfondo fuggevole. E per far conoscere proprio il fiume, questo Po martoriato e con un ecosistema largamente compromesso, come ci ricorda Rumiz nel suo Morimondo.
Si potrebbe forse con la ciclopista attuare il sillogismo: conoscere per amare, amare per proteggere?