Il dramma di questo “Eroe borghese“, per usare il titolo del bellissimo libro che gli ha dedicato Corrado Stajano, era che lui faceva coincidere le Istituzioni con il senso dello Stato, con il prevalere dell’interesse generale sui conflitti di interesse, con il rispetto della Costituzione, delle leggi, dell’etica pubblica e privata; coloro che lo circondavano praticavano, invece, la doppia morale e amavano contrattare con le mafie ed il malaffare.
Ambrosoli aveva aperto, ad una ad una, le carte che portavano agli intrecci tra pezzi delle Istituzioni, della politica, della Chiesa, del sistema bancario e finanziario.
Dopo il suo assassinio Giulio Andreotti ebbe l’impudenza e l’impudenza di dire che Ambrosoli: “Era uno che se l’andava a cercare”. Dal momento che Andreotti era uomo prudente e un cinico calcolatore, quella frase era l’espressione di una rabbia profonda che determinati ambienti covavano e covano contro chiunque provi a mettersi sulle piste di quegli intrecci e di quelle trattative, ieri come oggi.
Ricordare Ambrosoli, anche questo 11 luglio, non significa solo compiere un doveroso omaggio ad un “Eroe borghese“, ma anche ricordare a noi stessi che l’Italia cambierà davvero verso solo quando quelli “che se la vanno a cercare” saranno onorati più di coloro che “sono stati ricercati” da magistrati e poliziotti onesti.