Davanti ai pm del capoluogo pugliese il faccendiere ha sempre sostenuto che l'ex premier non sapeva che le donne portate da lui nelle sue residenze fossero prostitute. Secondo i magistrati, invece, emerge dagli atti la consapevolezza dell’allora capo del governo che si trattasse di escort
Dopo Milano, ecco Bari. Due tegole giudiziarie nell’arco di nemmeno un’ora sulla testa di Silvio Berlusconi, per cui la procura del capoluogo pugliese ha chiesto il rinvio a giudizio. L’ex presidente del consiglio è accusato di induzione a mentire. Secondo gli inquirenti, per il tramite dell’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola ha pagato l’imprenditore Gianpaolo Tarantini perché mentisse sulle escort portate nelle sue residenze estive tra il 2008 e il 2009. L’udienza preliminare del processo a Berlusconi per le escort di Tarantini inizierà il prossimo 14 novembre dinanzi al gup del Tribunale di Bari Rosanna Depalo. Come si diceva, quella della procura barese è la seconda brutta notizia di giornata per il leader di Forza Italia, visto che il pg della corte d’Appello di Milano Piero de Petris aveva chiesto di confermare la pena a 7 anni inflitta in primo grado all’ex premier nel processo Ruby.
Per quanto riguarda la vicenda pugliese, davanti ai pm baresi Gianpaolo Tarantini ha sempre sostenuto che Berlusconi non sapeva che quelle donne fossero prostitute. Secondo i magistrati, invece, emerge dagli atti la consapevolezza dell’allora capo del governo che si trattasse di escort. Le indagini della Procura, coordinate dal procuratore aggiunto Pasquale Drago, sono state avviate nell’ottobre 2011 sulla base degli atti inviati per competenza dal Tribunale di Napoli. L’arresto di Lavitola, ex direttore dell’Avanti, fu il primo atto di un’inchiesta durata ben due anni. Nel corso degli accertamenti disposti dalla magistratura barese, Lavitola e Berlusconi sono stati interrogati (a maggio 2012 il primo, a maggio 2013 l’ex premier) e dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato sentito, su richiesta dei difensori, anche l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Stando agli atti dell’inchiesta, basati soprattutto su intercettazioni telefoniche, Tarantini avrebbe tentato di entrare in affari con la Protezione civile utilizzando proprio le conoscenze dell’ex premier.