Nel bellissimo film Smoke, Harvey Keitel racconta di come, ai tempi dei tempi, un tizio stupì una tal sovrana riuscendo a misurare il peso del fumo: prima tarò il sigaro integro, poi diede fuoco, infine raccolse la cenere e ne valutò il peso. Fatta la sottrazione, quel che mancava all’appello altro non era che il peso del fumo. Nel film 21 grammi, un procedimento analogo ci racconta quale sia invece il peso dell’anima: si dice infatti che una persona che muore perda 21 grammi del proprio peso. In un caso come nell’altro avevano misurato i resti.
Mi piacerebbe sviluppare un metodo capace di calcolare il peso dell‘intervento educativo: il peso del nutrimento che l’educatore fornisce all'”utente” e che qui chiameremo avventore all’Osteria dell’Educazione. Si tratta di nutrimento offerto, più o meno consapevolmente. Dovremmo meglio dire che si tratta di cibo assunto più o meno consapevolmente e più o meno consapevolmente richiesto e accettato. Non sempre il nostro avventore ha espressamente ordinato la portata. Spesso si tratta di alimentazione forzata, ma non è detto che ciò ne sminuisca senso e valore calorico. Pensate alla flebo: quella è alimentazione, e del tipo più essenziale, per giunta. Che il piatto sia stato scelto dal menu o che sia frutto della insistenza di cuoco e cameriere, fatto sta che abbiamo deciso di misurare il peso di questo cibo. Di sviluppare un metodo. Come facciamo a misurare il peso del nutrimento che dispensiamo all’Osteria dell’Educazione?
Mi viene in mente una via veloce e, credo, efficace, ma ci toccherà scadere nello scatologico. Come fare per calcolare quel che il corpo trattiene dopo essersi cibato? Basta misurare gli scarti. Armiamoci di buona inclinazione e prepariamoci a rovistare tra gli scarti. Tra le feci, in prima battuta. È un lavoraccio, ma qualcuno lo deve pur fare. E insomma, tolto il rifiuto, il calcolo è facile, no? E invece no. No, perché tutto d’un tratto diventa più interessante misurare non il rifiuto che pensate voi dopo tutte queste parole, ma un rifiuto che ha un odore molto diverso.
Ascoltate Jimmy è un ragazzino che da qualche anno vive in una comunità per minori. Le cose stanno cambiando, però: Jimmy ha finalmente conosciuto la famiglia affidataria. Hanno preso a frequentarsi, le tappe di avvicinamento si susseguono a ritmo promettente. Jimmy deve cominciare a uscire dalla comunità, più con la testa che col corpo. Inizia a diventare scostante, acido, persino cattivo. E soprattutto lo fa a tavola, perché in comunità tutto, o quasi, passa attraverso il cibo. È da non credere quanto conti il cibo in comunità. Jimmy comincia a sputare nel piatto in cui per anni ha mangiato. Mia mamma affidataria cucina molto meglio di voi. E cosa sarebbe questa roba? Perché non te la mangi te? Jimmy rifiuta e respinge e più le ore passano e più lui rifiuta e respinge.
All’educatore scappa via un po’ di pazienza e gli viene una strana voglia. Corre il rischio di mandare al diavolo Jimmy, di sputare e vomitare più forte di lui, di dirgli come? Non ti piace questa minestra? E allora perché non te la vai a far preparare da quel gioiellino della tua mammina affidataria, eh? Invece no, l’educatore non ci casca. Ha capito che quello è tutto oro che luccica. Più Jimmy vomita, più l’educatore sorride, perché Jimmy gli sta regalando il metodo per calcolare quanto pesa l’intervento educativo. È un metodo particolare, direttamente proporzionale, a differenza di quello utile a calcolare il peso del fumo o quello dell’anima. Qui, più scarto rimane e meno pesa l’anima, meno pesa il fumo.
Lì, più Jimmy scarta, più ti vomita addosso, e più denuncia il peso di ciò che sta per lasciare. L’educatore fa un respiro profondo e si tuffa in quel pozzo nero, armato di bilancia. E ammicca soddisfatto, perché quei rifiuti sono tantissimi, pesano un casino e più Jimmy vomita e più l’educatore sorride, perché più Jimmy lo insozza e più lo riconosce, lo legittima, ne giustifica lavoro e intervento. Vomitando rabbia e bile, Jimmy sta dicendo all’educatore quanto pesa quel che sta perdendo, quello a cui sta rinunciando. Si tratta di rifiuti speciali, da raccogliere e mettere da parte.
Jimmy mi sta salutando e non può farlo col sorriso, perché ha paura da vendere. La sua vita sta cambiando, una volta ancora, e chissà, forse lo capisce anche lui come mai gli sorrido, invece di tirargli il piatto in faccia. O forse no, forse questo lo fa arrabbiare di più. Ma se non lo capisce ora, più avanti lo capirà che tutti gli scarti che mi getta addosso non puzzano, ma hanno l’odore di tutto il bene che mi vuole e che gli voglio. Ecco quanto pesa il nutrimento all’Osteria dell’Educazione.