Il pronostico è facile, quasi obbligato dopo le semifinali: Germania vincente. È pur vero però che nel calcio ha spesso successo chi subisce meno gol, affidandosi al colpo di genio (o di fortuna) in fase offensiva. E l’Argentina è stata finora la squadra che meglio di chiunque altro ha saputo attuare questo piano, sicuramente poco spettacolare ma molto efficace. Ecco perché l’atto finale del Maracanà è tutt’altro che scontato. C’è anche un fattore psicologico: cosa è rimasto nella testa della Germania dopo il roboante 7-1 al Brasile? Sono tedeschi, si risponderà. A giudicare dai sorrisi misurati post-goleada dovrebbe essere vero. Loew era una statua nonostante la pagina di storia scritta. È il comandante, detta la linea. Parlano però anche i numeri, e tengono in equilibrio la bilancia.
La Germania: miglior attacco e capacità d’attaccare l’area
I sette gol contro il Brasile hanno permesso a Klose e compagni di schizzare a quota 17 reti, una ogni 34 minuti di gioco. Un dato “drogato” dalla mattanza del Mineirao ma comunque importante e interessante se indagato in profondità. Come arriva a segnare la Germania? È la squadra più varia del Mondiale. L’hanno buttata dentro i difensori (Hummels, due volte) e i centrocampisti meno offensivi (Khedira). Un segnale tangibile dell’importanza del collettivo, rafforzato da un altro dato: tutti i gol tedeschi sono stati generati da tiri interni all’area di rigore, molti da una distanza inferiore al dischetto. L’Argentina si presenta al Maracanà con un bottino di 7 reti, quattro di Messi. I tabellini sono stati firmati anche da Higuain, Di Maria e Rojo. L’Albiceleste supera il portiere una volta ogni 64 minuti. Il numero delle azioni offensive – secondo Fifa.com – è di 15.8 a partita, una statistica superiore a quella della Germania (14.7). Conclusione: i tedeschi sono più freddi e bravi a creare azioni limpide, lo dice anche il 70 per cento di tiri finito nello specchio della porta (contro il 60 degli uomini di Sabella).
Romero e Mascherano, l’oro biancoceleste. Ma la Germania…
Non a caso Maradona è stato chiaro: “Bisogna aggredirli a centrocampo, come hanno fatto Ghana e Algeria”. La scommessa della Seleccion è quindi quella di rompere il fraseggio dell’avversaria, inquinando la fase offensiva. Facile a dirsi, difficile a farsi? Più o meno. Perché Romero ha subito appena 3 gol (tutti nel girone) e ha risposto “presente” quando è stato chiamato in causa, parando 15 tiri nello specchio. Merito di un Demichelis in formato gigante ma soprattutto della coppia di mediani, in primis Javier Mascherano. Il mastino del Barcellona è il vero leader tattico (e non solo) dell’Argentina: ha completato 274 recuperi e i suoi passaggi andati a buon fine sono 478, l’86.6 per cento di quelli tentati. Nessuno come lui in questi Mondiali, dove la media si ferma all’80%.
Non che la Germania subisca molto di più: Neuer si è fatto superare in 4 occasioni. Quando? Due volte dal Ghana e una dall’Algeria sul 2-0, a una manciata di secondi dal termine. Più il gol di Oscar negli ultimi minuti della semifinale. Di fatto, quindi, la Germania ne ha subiti due quando la partita era ancora aperta. Meglio ha fatto l’Argentina: Ibisevic ha segnato all’85esimo sul 2-0 e la doppietta del nigeriano Musa è arrivata quando la qualificazione era già in tasca. Da quel momento, zero: 373 minuti senza mai subire una rete. Ottavi, quarti e semifinale. Se Romero non prenderà gol nei primi due giri di lancette della finale, avrà in tasca il record d’imbattibilità per un portiere argentino durante i mondiali, un muro che resiste da ventisei anni. Non basterà per vincere il terzo titolo, ma sarebbe un buon modo per provare ad avvicinarsi alla Coppa. Del resto la strada che Sabella ha indicato ai suoi è chiara: inaridire il gioco. L’acqua nel deserto – lo stesso Sabella dixit – è Messi, la pulce in mezzo ai carrarmati. Una sfida impossibile? Chiedete agli elefanti cosa pensano dei topolini.