Il riso italiano è in crisi e le mondine scendono in piazza. Per una settimana, da lunedì 14 luglio, gli agricoltori, i raccoglitori e le loro famiglie saranno in protesta nei territori di produzione: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Sardegna. Motivo? Chiedere un freno alle importazioni di riso dall’Asia che stanno mettendo in ginocchio il settore. I numeri parlano chiaro: dall’inizio della crisi, il 2007, in Italia ha chiuso quasi un’azienda su cinque. “E la situazione sta precipitando nel 2014 con la perdita di posti di lavoro e pericoli per la sicurezza alimentare dei consumatori a causa dell’invasione di riso proveniente dall’Asia”, è l’allarme dei dimostranti.
Con 216mila ettari, l’Italia è il primo Paese produttore in Europa. Un dossier della Coldiretti stima che la risicoltura dia lavoro a circa diecimila famiglie tra imprenditori e dipendenti, con il grosso della produzione concentrata nelle province di Vercelli, Novara e Pavia. Ma le importazioni dalla Cambogia e dalla Birmania, in particolare, sono schizzate alle stelle: i dazi agevolati in questi Paesi hanno fatto segnare un +754% nei primi tre mesi del 2014 rispetto allo scorso anno. A rischio ci sarebbe anche la salute dei consumatori: nel primo semestre il sistema di allerta rapido europeo (RASFF) ha effettuato quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati e l’assenza di certificazioni sanitarie. “L’azzeramento dei dazi ha favorito l’insediamento di multinazionali in Paesi meno avanzati dove hanno fatto incetta di terreni e si coltiva riso senza adeguate tutele del lavoro e con l’utilizzo di prodotti chimici vietati da decenni nelle campagne italiane ed europee” denuncia la Coldiretti.
Risultato? Il riso varietà indica lavorato cambogiano arriva in Italia a un prezzo al grezzo inferiore ai 200 euro a tonnellata, cioè la metà di quanto costa produrlo in Italia nel pieno rispetto delle norme sulla salute, sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti dei lavoratori. Il riso made in Italy è una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità che va difesa. Ma come si fa? “Con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, con la pubblicità dei nomi delle industrie che utilizzano riso straniero, con l’applicazione della clausola di salvaguardia nei confronti delle importazioni incontrollate”, spiega presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Ma anche – conclude – “con l’istituzione di una unica borsa merci e con la rivisitazione dell’attività di promozione dell’Ente Nazionale Risi”.