Più che una finale per il terzo posto, Brasile-Olanda sarà il triste epilogo di due rincorse al titolo chiuse nel peggiore dei modi. I novanta minuti dello stadio Nacional (fischio d’inizio, sabato ore 22) segneranno l’addio di tante carriere con la maglia delle due nazionali. Sporcate dall’umiliazione del 7-1 contro la Germania, quelle dei verdeoro; macchiate dall’ennesimo sogno gelato a un passo dal coronamento, le storie olandesi. C’è una certezza: chiunque vinca, non sorriderà.
Arjen Robben ha detto chiaramente che “il terzo e quarto posto non interessa tanto, conta solo la coppa”. A lui toccherà andare in campo, probabilmente, anche per rimpolpare il bottino di 3 gol racimolato finora. Ma gli assenti saranno tanti. Felipe Scolari e Louis Van Gaal faranno infatti largo ricorso al turn over. Per Felipao è quasi un obbligo perché si annusa nell’aria il rischio di sonore contestazioni ai protagonisti della storica sconfitta in semifinale. Quello del tecnico olandese potrebbe essere più contenuto ma comunque vivo per regalare il palcoscenico mondiale a chi finora lo ha seguito dalla panchina.
Il passo d’addio, però, inizia proprio dai due commissari tecnici. Dopo aver raggiunto il tetto del mondo nel 2002, ora Scolari chiude il secondo capitolo alla guida della Selecao con un sonoro “vai all’inferno“, urlato da un quotidiano brasiliano all’indomani dell’eliminazione. Tite, ex allenatore del Corinthians, viene dato in pole per la sostituzione, anche se Globoesporte ha lanciato l’improbabile candidatura di Josè Mourinho.
Tutt’altro stato d’animo quello di Van Gaal, già pronto a tuffarsi nell’avventura con il Manchester United. Dalla terra dei tulipani continuano a imperversare le polemiche per lo spirito troppo difensivista del tecnico di Amsterdam, inconcepibile nella patria del calcio totale ma rispedite al mittente dal ct. Lo scialbo 0-0 con la Costa Rica risolto ai rigori e l’inno alla noia orchestrato contro l’Argentina hanno scatenato la critica olandese. Allo stesso tempo però Van Gaal ha dimostrato ancora una volta il suo genio con la sostituzione Cillensen-Krul, valsa l’accesso alla semifinale.
Il mondiale sulle montagne russe rispecchia il calcio olandese: sempre a un passo dall’arrivare in vetta, salvo poi precipitare. L’ultimo capitolo del rapporto con la nazionale riguarda anche gli ex interisti Julio Cesar e Maicon, oltre all’odiato Fred, probabilmente tra coloro che cederanno il posto per evitare bordate di fischi. In attacco dovrebbe giocare Jo, mentre troveranno spazio Hernanes a centrocampo e Maxwell in difesa. Scolari chiederà ai suoi di metterci il cuore e l’anima per lavare almeno in parte l’onta del Mineirazo.
L’Olanda non ha invece nulla da rimproverarsi se non i 90 minuti contro l’Argentina, fino ai quali aveva espresso un calcio nel complesso apprezzabile con momenti strappa-applausi come nel caso della “manita” rifilata alla Spagna. Rimane l’amaro in bocca per il ciclo del trio Sneijder-Robben-van Persie, probabilmente destinato a chiudersi domani senza aver vinto nulla. E i tulipani hanno anche fatto un passo indietro rispetto a quattro anni fa, quando raggiunsero la finale. Dietro scalpita una nuova generazione, già parzialmente inserita in questo mondiale, ma non s’intravedono stelle. Men che meno in Brasile, dove divampa il dibattito per interpretare le ragioni profonde di una Selecao mai così povera di talento. Prima di aprire ufficialmente i processi, restano 90 minuti. Tristi e inutili, pieni di rimpianti, ma comunque da giocare.