Alcuni dirigenti sono indagati dopo le esalazioni di acido solfidrico. Ma l'impianto entro fine anno sarà riconvertito. Però la società non ha presentato il progetto di riutilizzo produttivo
La raffineria di Mantova della Ies è finita nell’occhio del ciclone. La Procura ha iscritto nel registro degli indagati alcuni dirigenti dello stabilimento e responsabili della sicurezza con l’accusa di “getto di cose atte a molestare”. Inoltre, i sindacalisti accusano la società di non rispettare l’accordo sulla reindustrializzazione dell’area prevista dopo che la raffineria chiuderà i battenti. Ma andiamo con ordine. La scorsa settimana un guasto all’impianto, che stava lavorando i prodotti residui prima di essere convertita in semplice deposito, ha provocato esalazioni di acido solfidrico, un gas molto velenoso. Dopo un sopralluogo, Asl e Arpa hanno escluso rischi per la salute ma al contempo hanno disposto la sospensione dei lavori. “Prima che riparta la raffinazione vogliamo sapere cosa c’è nei serbatoi”, ha avvertito l’Arpa. Dal canto suo, la Procura ha stilato un elenco di indagati, tra dirigenti di stabilimento e responsabili della sicurezza degli impianti. “Più di una persona” è iscritta, ha detto il procuratore capo, Antonino Condorelli, ai cronisti locali, senza fare nomi. Oltre al getto pericoloso di sostanze, tra le ipotesi di reato potrebbe aggiungersi il ritardo con cui è stato dato l’allarme. Anche se la società ha precisato in una nota che il suo intervento “è stato immediato e, come da procedura, ha informato le autorità locali competenti e seguito tutte le procedure del caso”.
Ma la storia della raffineria di Mantova è un po’ più complicata. L’impianto è tra le vittime del crollo dei consumi e della concorrenza asiatica e stava raffinando i prodotti residui in vista della chiusura e della trasformazione in deposito di stoccaggio di carburanti. La conversione definitiva è prevista per la fine del 2014. E qui arriva l’altro punto dolente. A gennaio società e sindacati hanno firmato un accordo che prevedeva la reindustrializzazione dell’area. In particolare la Ies si impegnava a sviluppare, dopo la chiusura dell’impianto, attività industriali anche non legate alla raffinazione. Punto fondamentale era il coinvolgimento dei lavoratori in esubero. “Ies – si legge nell’accordo – si impegna a valutare il riutilizzo produttivo delle aree di proprietà e non utilizzate per le attività di deposito, nella prospettiva di creare opportunità di industrializzazione che possano garantire una salvaguardia, anche parziale, della forza lavoro a oggi occupata”. Sono infatti 88 su circa 400 i dipendenti che rimarranno nel nuovo polo logistico. E con una garanzia occupazionale di soli 2 anni. Gli altri hanno bisogno di una ricollocazione.
Tuttavia, ora i sindacati denunciano che Ies non stia rispettando l’accordo: la società, dicono, avrebbe dovuto presentare almeno un progetto nella primavera di quest’anno. “E invece c’è il silenzio totale”, sostiene un sindacalista. Cgil, Cisl e Uil hanno quindi chiesto l’intervento del ministero dello Sviluppo economico. Altro punto delicato è quello sulle bonifiche. Nell’intesa di gennaio la società si impegna a partecipare a un tavolo locale ad hoc. Troppo poco per il Comune di Mantova, che infatti ha approvato tutte le parti dell’accordo tranne quella sulla “Bonifica delle aree”. Il Comune avrebbe voluto che Ies recepisse anche il suo emendamento, “che prevede l’impegno ad effettuare le attività di bonifica delle matrici ambientali (suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee), sostenendo i costi necessari per la realizzazione degli interventi, d’intesa con gli enti competenti”.