E' il risultato di 200 ore di lezione della prima edizione del corso specialistico dell'università, che segue gli immobili dal sequestro al riutilizzo. "I tecnici informatici della Regione allestiranno la pagina con i risultati del nostro lavoro"
40 beni confiscati alla mafia in Emilia-Romagna tutti accuratamente fotografati, corredati dall’effettivo stato degli immobili e dei lavori interni ed esterni, caricati e disponibili sul web. E’ la prima “mappa georeferenziata” italiana ottenuta dopo 200 ore di lezione della prima edizione del master dell’Università di Bologna in ‘Gestione e riutilizzo dei beni confiscati alle mafie Pio La Torre’. Un percorso di formazione specialistico del dipartimento di Scienze Giuridiche coordinato dalla docente Stefania Pellegrini, che ha visto portare a termine, da gennaio a maggio 2014, la ricerca dettagliata della laureata in architettura Federica Terenzi.
“A differenza di mappature con dati vecchi e inattendibili dove magari si indicava che c’era un bene immobile e poi sbucava un piccolo garage – spiega la professoressa Pellegrini a ilfattoquotidiano.it – noi abbiamo lavorato per identificare e rivalutare con precisione il patrimonio a disposizione in Emilia Romagna i cui dati sono disponibili presso l’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati alla criminalità organizzata, con l’intento di fornire conoscenza ai cittadini ma soprattutto di diventare uno strumento utile e a costo zero per l’ente locale che si può collegare, vedere le condizioni reali degli immobili e attuare una pianificazione territoriale”. Dodici beni confiscati si trovano a Bologna e provincia, 5 a Modena, 2 a Parma, 1 a Piacenza, 2 a Ferrara, 7 a Ravenna, 3 a Forlì e 8 a Rimini: tutti da visionare a partire da metà luglio online (pagina Facebook) come sulla pagina web della Regione Emilia Romagna.
“Purtroppo c’è stato un momento di sbandamento dovuto alle dimissioni di Errani, ma la vicepresidente Saliera ci ha assicurato che a brevissimo i tecnici informatici della Regione allestiranno la pagina”. Un lavoro certosino che è andato a colmare parecchie lacune del settore, nonostante i buoni propositi etici: “Fatto raro, siamo riusciti ad ottenere dall’Agenzia Nazionale gli estremi catastali dei beni – spiega la docente Unibo di Sociologia del Diritto – certo l’Agenzia ha grosse difficoltà sia nella diffusione che nell’aggiornamento del sito, sono fermi al 2012. La quantità dei beni confiscati si sa, ma la differenza si fa sapendo, ad esempio, che tipo di immobile è e se è abitato. Ad esempio c’è un ex villetta in Emilia Romagna mai abitata e con il garage allagato: è un patrimonio che potrebbe essere perduto e che invece andrebbe tutelato”.
“E’ impensabile, anche con tutta la buona volontà, che dalla sede di Reggio Calabria si coordini il lavoro in tutto il paese – continua Pellegrini – c’è invece bisogno di diramazioni locali, un lavoro di delega regione per regione”. Un esempio positivo anche se non identico al lavoro in Emilia Romagna: la mappatura nella regione Liguria di Raffaella Ramirez assieme a Libera; un esempio negativo, il tentativo naufragato di uno studente cagliaritano che voleva riprodurlo in Sardegna. Al master Unibo sui beni confiscati alla criminalità organizzata hanno partecipato docenti importanti come il magistrato Cesare Vincenti del Tribunale di Palermo che si è occupato del sequestro dei beni di Tano Badalamenti: “L’Università di Bologna è la prima ad avere avuto un master del genere dove si segue il bene confiscato dal suo sequestro fino al riutilizzo, oltre ad essere stato il primo ateneo a creare il corso su mafia e antimafia al quinto anno di Giurisprudenza”.