Nei giorni che sono seguiti all’annuncio su Repubblica di quello che è ormai chiamato il Piano Reggi, ho avuto modo di confrontarmi direttamente con il sottosegretario; ma anche – alla festa di Sel, in un dibattito sulla scuola – con il capo della sua segreteria, Marco Campione; quello che – pochi giorni fa – ha affermato che la scuola fino al 2009 (anno dell’inizio dei tagli della l. Gelmini) è stata sovrafinanziata. In entrambi i casi mi è stata restituita un’impressione di confusione e lontananza siderale (al di là di impraticabilità, velleitarismo, demagogia, iniquità di proposte e repliche) dal mondo della scuola. Che invece è importante che questi novelli interpreti del “Veni, Vidi, Vici” imparino a conoscere, adeguando merito e metodo dei loro progetti alla nostra specificità.
Non ci piacciono le imposizioni calate dall’alto. Non ci piace la velocità interventista: come i bambini hanno bisogno di tempi distesi dell’apprendimento, la scuola ha bisogno di riflessione e conoscenza; che partano – in ogni caso – non da logiche di bilancio, ma dai 3 elementi fondamentali che la connotano: pedagogia, didattica, relazione. Crediamo nella civiltà delle relazioni tra chi governa e chi è governato: riteniamo inammissibile una comunicazione attraverso i media, smentita, poi riaffermata, poi rivista, senza rispetto non solo del dovuto ascolto degli addetti ai lavori, ma anche di modalità ufficiali ed istituzionali. Non ci piacciono le scorciatoie: determinazione per legge di una materia contrattuale quale orario, salario, ruoli; abolizione del V anno di scuola superiore; dismissione di una parte del precariato dopo anni di servizio. Non ci piacciono le incursioni demagogiche: scuole aperte (è da sempre una richiesta proveniente proprio dalla scuola), ma senza fondi per realizzare il progetto. Non siamo intenzionati ad aprire all’intervento dei privati: siamo per una scuola pubblica, laica, pluralista, inclusiva, che interpreti il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione.
La democrazia scolastica è il valore che configura il rapporto di equiordinazione tra i vari organi collegiali e non di sovraordinazione del dirigente scolastico su tutti gli altri. Aborriamo meritocrazia e invalsizzazione, perché vogliamo continuare a lavorare sui saperi critici e non sulla risoluzione di test.
Per essere più chiari, ecco un quadro molto parziale delle iniziative di mobilitazione – decise da altrettante assemblee autoconvocate nella scorsa settimana – che si svolgeranno la prossima settimana, quando il testo del piano Reggi verrà sottoposto al CdM.
Roma, lunedì 14, ore 15.30: assemblea Unicobas davanti al Miur; martedì 15, ore 9.00: sit in (organizzato dal Coordinamento delle scuole di Roma) davanti a Montecitorio. Torino, martedì 15, ore 10: presidio Corso Vittorio Emanuele II, 70, organizzato dall’Assemblea Cittadina per la Scuola e CUB; a Genova si è costituito il gruppo Scuola bene comune e altre sigle raggruppate in Assemblea pubblica scuola Genova no 36 ore, che lunedì 14 Luglio, alle ore 17, ha convocato un’assemblea in Via Sestri, a Sestri Ponente, in cui si decideranno orario e modalità del presidio e della manifestazione già stabiliti per il 15. Milano, dal 14 pomeriggio al 15 pomeriggio, presidio sotto il Pirellone del Coordinamento Lavoratori Scuola 3 ottobre; Napoli: Coordinamento per la difesa della Scuola pubblica e Coordinamento Precari Scuola Napoli ha deliberato – durante un’assemblea del 10 – di convergere sul sit in del 15 a Roma; a Cosenza i docenti (che arriveranno a Roma il 15) si siamo riuniti l’11 mattina in piazza XI settembre per arrivare alla sede cosentina del PD.
In tutte le riunioni della scorsa settimana si è sottolineata la convinzione che questo rigurgito di mobilitazione non debba/possa essere un fuoco di paglia; e che la scuola debba preparare proposte alternative.
Questa protesta riguarda tutti: docenti e personale Ata, ma anche studenti e genitori. Le lusinghe di una scuola aperta senza determinazione di fondi consistenti non possono far ignorare quanto il progetto intero andrà a minare quel che resta, dopo anni di taglieggio, della scuola della Costituzione. Mobilitazione e provvedimenti che l’hanno determinata si collocano nell’alveo di un più complesso e articolato progetto di attacco alle basi della democrazia, fatto di autoritarismo, colpi di mano, demagogia, retorica del nuovo e del cambiamento. Le sorde o esplicite lotte tra sigle sindacali per accaparrarsi il primato dell’iniziativa non devono distrarci dalla necessità – questa volta più che mai – di essere tutti uniti, come lavoratori, come docenti, ma soprattutto come cittadini. Non è un caso che lo stesso 15 luglio – mentre ci sarà il sit-in davanti a Montecitorio – nei pressi dell’altra Camera, in piazza delle 5 Lune, ci sarà un altro presidio, per contrastare la riforma del Senato.