Povera Madonna! Nelle ultime settimane si è trovata ad essere l’oggetto simbolico, pegno e palio, di una contesa ipocrita quanto altre mai.
Nei paesi meridionali la sosta della processione davanti alle case dei notabili spesso è ancora un’usanza che si ripete ogni anno. Non è un omaggio della Madonna o del Santo Patrono a chi risiede nella casa: piuttosto è una specie di scambio di cortesie, un ricambiare avendo ricevuto. Il notabile (non sempre e necessariamente un mafioso dichiarato) è un “bravo cristiano”, che va in chiesa e fa l’elemosina a chi di dovere. Madonna, Santo patrono e per loro il clero ricambiano con una breve sosta davanti alla sua casa: è un gesto di cortesia tra due “eccellenze”, ognuna tale nel suo ordine di grandezza.
Il Principe di Salina nella scena finale del Gattopardo di Visconti, piega un ginocchio a terra al passaggio del Santissimo nel suo ostensorio; ma tutte le domeniche è il Santissimo che accetta di essere consacrato a domicilio, nella cappella del palazzo del Principe. Si usano reciprocamente un “riguardo”.
Capisco che questa interpretazione può sconcertare. Ma l’interpretazione corrente, essere la faccenda un atto protervo di un boss e della sua cosca, che risponderebbero così alla scomunica pronunciata a Cassano Ionio da Papa Francesco, riduce l’episodio a uno ‘sgarro’, ignorando il dato di fatto principale: sia il cattolicesimo che la mentalità mafiosa sono coestensivi alla cultura italiana. Non sono coincidenti con la cultura italiana (per fortuna!); ma non c’è ambito, modalità, contenuto della mentalità degli italiani e delle italiane, che non si sia direttamente o indirettamente confrontato, anche per rifiutarli e spesso a caro prezzo, con il cattolicesimo e/o con la mentalità mafiosa.
Il familismo italiano (agisco e devo agire a vantaggio mio e dei miei e poiché tutti gli altri fanno la stessa cosa, tutti gli altri sono concorrenti) e il clientelismo di massa, che ha sostituito all’esercizio dei diritti e dei doveri di cittadinanza, quella sorta di redistribuzione arbitraria e distorta delle risorse che è il sistema dello scambio tra protezione e prestazioni (voto incluso), sono le strutture culturali che hanno fornito l’humus e il modello alle organizzazioni mafiose modernizzate. E con esse a tutta la vita politica italiana. L’evidenza è sotto gli occhi di tutti. La vita politica si è andata progressivamente organizzando per cosche: padrini che proteggono i loro in cambio di prestazioni sempre più complesse e fruttuose in termini di potere e di denaro; loro in perenne anche se non esibita lotta interna per ottenere i favori del padrino; e tutti in lotta contro le altre cosche. Nella vita politica italiana non è rimasto gran spazio per il dibattito né per la vera opposizione costruttiva.
Quanto al cattolicesimo, certo non è coincidente né isomorfo alla delinquenza organizzata, ci mancherebbe! Ma anch’esso è in vari modi tangente a quella mentalità: i santi sono “protettori”, la Madonna è “intercessora”, la grazia si ottiene facendo un “voto”, comandamenti, condanne, assoluzioni e penitenze sono prescritti dall’alto. E naturalmente non tutti i protettori hanno lo stesso potere. Recentemente nel corridoio di un ospedale romano due signore giovani, piccola borghesia urbana, discutevano animatamente. L’una riteneva la Madonna di Lourdes una protettrice senza pari; l’altra ribatteva che no, per lei era molto meglio la Madonna di Medjugorje. Poi si sono confrontate sulla quantità di devozioni che ciascuna dedicava giornalmente alla sua Madonna, per concludere concordi di aver ricevuto la grazia, la quale per entrambe consisteva nel fatto che la Madonna aveva fatto sì che incontrassero un medico bravissimo. Strutturalmente, il ragionamento è identico a quello secondo il quale “è stato il consigliere (deputato, assessore ecc.) che mi ha sbloccato la pratica (della pensione, della licenza, ecc.), è bravo, certo bisogna pregarlo un po’, ma poi t’aiuta”.
Temevo di essere coinvolta nella discussione. Se mi avessero chiesto di quale Madonna ero devota, trattandosi di salute, malattia, affettività, vita, sapevo quanto sarei stata insultante rispondendo: “Nessuna, non ci credo”.
Penso che a Oppido Mamertino è stato insultante negare quanto quel fatto è interno a un modo di vedere la realtà di cui siamo tutti partecipi (ripeto, anche per rifiutarlo) e che moltissimi condividono integralmente, lupara a parte.
Chi è scomunicato? Chi è mafioso? Chi assassina, chi estorce, chi intimida? O anche chi fa queste cose senza essere noto come mafioso? O chi, come una Ministra di un precedente governo, pensa che sia più giusto favorire gli amici che applicare la legge? Però, può darsi che il gesto sia utile sul piano simbolico: soprattutto per aiutarci a riconoscere quei mafiosi senza lupara che esibiscono la loro devozione tutte le volte che può tornargli utile.