Verdetto del tribunale di Roma contro i rappresentanti delle famiglie Iuliano, Della Gatta e Lembo, al centro di uno scandalo da 800 milioni che ha visto truffati 13mila risparmiatori. Non riconosciuta l'associazione a delinquere
A oltre due anni dal crac della Deiulemar, la compagnia marittima di Torre del Greco al centro di uno scandalo finanziario da oltre 800 milioni di euro, il Tribunale di Roma ha emesso il verdetto di primo grado contro i rappresentanti delle 3 famiglie di armatori Iuliano, Della Gatta e Lembo, alla guida di un impero ormai crollato.
Gli inquisiti nel procedimento penale – parallelamente al quale procedono diversi processi civili, che vedono i circa 13.000 risparmiatori truffati come parte civile – si sono visti infliggere dal giudice Laura Di Girolamo oltre 86 anni di carcere, così suddivisi: Angelo Della Gatta condannato a 17 anni e due mesi; Pasquale Della Gatta a 17 anni e due mesi; Michaela Della Gatta a 9 anni e 10 mesi; Giovanna Iuliano a 10 anni e 2 mesi; Lucia Boccia a 8 anni; Giuseppe Lembo 15 anni e otto mesi; Marialuigia Lembo 9 anni e 2 mesi.
Gli imputati, contestualmente interdetti a vita dai pubblici uffici, sono stati tuttavia assolti dalle accuse di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e di distrazione dei risparmi degli obbligazionisti, pari a circa 650 milioni di euro.
Reazioni contrapposte alla sentenza, che ha punito gli armatori torresi soltanto per aver effettuato operazioni societarie e finanziarie illegali (in particolare una delle accusa era quella di aver ‘svuotato’ Deiulemar Spa degli asset navali, passati alla società Deiulemar Shipping, controllata dai figli dei fondatori del gruppo), ma non per aver sottratto illecitamente i fondi affidati alla compagnia dagli obbligazionisti tramite un’associazione a delinquere, fatto che – secondo i giudici di Roma – non sussiste.
Proprio su questa base, i legali delle famiglie Lambo, Iuliano e Della Gatta hanno già annunciato – parlando alla testata locale Metropolis Web – di voler ricorrere in appello contro la sentenza di primo grado, poiché – non sussistendo l’associazione a delinquere finalizzata alla distrazione dei risparmi degli obbligazionisti – secondo il pool di avvocati che assiste gli armatori, verrebbe a cadere anche il teorema della società di fatto costituita tra le tre famiglie, l’entità che secondo l’impianto accusatorio aveva agito per sottrarre i fondi ai bilanci di Deiulemar Spa.