Non si ferma la pioggia di missili su Gaza, né i lanci di razzi in territorio israeliano. Dopo 7 giorni di bombardamenti delle forze israeliane,il bilancio dei morti nella Striscia continua a salire senza sosta. Ieri il premier Benjamin Netanyahu aveva annunciato che l’operazione sarebbe proseguita con “forza”. E così è stato. Il numero complessivo dei palestinesi rimasti uccisi supera quota 180, mentre il numero dei feriti è di oltre 1100. Secondo fonti mediche locali tra morti è elevata la percentuale di donne e di bambini fino a 16 anni di età. Lunedì 14 luglio un drone partito dalla striscia di Gaza è arrivato nel sud di Israele ed è stato abbattuto da un missile Patriot israeliano sui cieli di Ashdod. È la prima volta che da Gaza viene usato un metodo simile.
La mediazione dell’Egitto
Ma se il conflitto la fa ancora da protagonista e dall’una e dall’altra parte, almeno verbalmente, le posizioni appaiono inconciliabili, si intravedono tuttavia primi, timidi segnali di un possibile cessate il fuoco. E’ stato l’Egitto a lanciare in serata la proposta di una tregua a partire da martedì mattina. L’iniziativa egiziana prevede la “cessazione totale delle ostilità aeree, marittime o terrestri” delle due parti a partire da martedì alle 06.00 Gmt e l’apertura dei negoziati sull’ingresso dei beni di prima necessità nella Striscia. L’Egitto propone inoltre di accogliere, entro 48 ore dall’entrata in vigore della tregua, delegazioni di alto livello israeliane e palestinesi per aprire i negoziati sul suo territorio. E proprio al Cairo domani arriva il segretario di Stato Usa John Kerry per discutere – osservano alcuni analisti – i punti di caduta di un eventuale cessate il fuoco. Stasera inoltre una fonte militare israeliana ha detto ad Haaretz che “ci sono segnali sempre più forti che Hamas sia pronto ad una tregua”.
Hamas usa i droni, è la prima volta
Ieri alcuni razzi sono stati lanciati verso la capitale e anche verso città nel nord del paese. Le Brigate al-Qassam, ala militare di Hamas, rivendicano di avere “lanciato diversi droni da Gaza verso Israele per missioni speciali”. Intanto parte del Consiglio regionale di Hof Ashkelon, nel Distretto meridionale israeliano e adiacente al confine nord della Striscia di Gaza, è stata dichiarata zona militare ad accesso limitato per motivi di sicurezza.
Cisgiordania, Israele arresta 23 persone
L’esercito israeliano – che ha colpito 42 obiettivi con i raid- ha arrestato 23 palestinesi in Cisgiordania nella notte fra domenica e lunedì. Tra i fermati – secondo quanto riportano i media – ci sono anche cinque residenti di Hebron “legati” ad Hamas e indagati “in connessione con il rapimento e l’uccisione” dei tre ragazzi israeliani il mese scorso proprio nella zona di Hebron.
Fuga dalla Striscia, è esodo
L’intensificazione del conflitto ha provocato una fuga di massa da Gaza dalla zona nord, dove la gente ha abbandonato con ogni mezzo le case prima dei nuovi bombardamenti annunciati da Israele. Ieri l’esercito, oltre a inviare sms e chiamare nella case dei palestinesi (ascolta l’audio), ha lanciato volantini in cui annunciava i bombardamenti e inviata la popolazione a lasciare le abitazioni il più presto possibile. Diciassettemila persone – mentre la comunità internazionale accelera gli sforzi per un cessate il fuoco e papa Francesco ha rivolto un “appello accorato” a interrompere le ostilità – si sono rifugiate nei centri di accoglienza dell’Onu, lasciando una spettrale Beit Lahya da dove, secondo Israele, arriva la maggior parte di razzi.
Attacco di terra, sabato notte la prima incursione
Nella notte tra sabato e domenica c’è stato intanto la prima incursione di terra e il primo contatto diretto con Hamas – dei commando israeliani, entrati per neutralizzare lanciatori di razzi. L’opzione terrestre, annunciata dal premier israeliano, appare sempre più probabile e per questo la diplomazia ha cercato di dare un segno di vita: il segretario di stato John Kerry domenica ha avvisato da Vienna via telefono a Netanyahu che gli Usa sono pronti “a facilitare una cessazione delle ostilità” e a favorire “un ritorno all’accordo di cessate il fuoco del 2012”, assicurando al contempo “il suo impegno con i leader della regione per fermare il lancio di razzi” contro Israele. Il presidente uscente Shimon Peres ha messo a sua volta in guardia che “non ci può essere compromesso con il terrorismo. Non permetteremo al terrorismo di condurre i nostri cittadini nei rifugi”.
Il ministro Mogherini in Medio Oriente
Dall’inizio di questa settimana Gerusalemme e Ramallah in Cisgiordania diventeranno tuttavia la prima linea degli sforzi di mediazione internazionale, con le visite del ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e della sua collega Federica Mogherini. Quest’ultima, l’Italia al timone del semestre di presidenza dell’Ue, ha sottolineato che “serve una tregua immediata”. Il premier Matteo Renzi ha del resto rimarcato che occorre “fermare gli estremisti” per avvicinare una soluzione che garantisca a un tempo “la sicurezza d’Israele” e “il diritto alla patria del popolo palestinese”.