L’ultimo bollettino emanato dal Centro Palestinese sui diritti umani con sede a Gaza, accerta l’esistenza di 162 vittime palestinesi, dei quali 137 civili, di cui 34 bambini e 28 donne, 1058 feriti, di cui 332 bambini e 212 donne e la distruzione totale di 209 abitazioni, con centinaia di altre gravemente danneggiate.
Di fronte a questo nuovo massacro il mondo tace, con qualche eccezione, fra cui il Papa.
Evidente la sproporzione di mezzi fra le parti in causa.
E’ necessaria un’analisi lucida che identifichi le cause di fondo dell’attuale situazione.L’attuale ennesima operazione offensiva contro Gaza risponde evidentemente alla necessità strategica di Israele di impedire la saldatura tra le forze politiche palestinesi e la nascita di un soggetto unitario che possa rappresentare l’insieme della popolazione palestinese. La disperata risposta di Hamas con il lancio dei razzi sul territorio israeliano risponde a sua volta alla necessità politica di salvaguardare una dignità ogni giorno offesa ed umiliata dagli israeliani.
Tale è la logica della guerra.
Il direttore di Ha’aretz, uno dei principali quotidiani israeliani, Gideon Levy, ha affermato di recente quanto segue:
“Non soltanto non c’è pace: negli anni recenti, Israele si è allontanato persino dall’aspirare a fare la pace. Ha perso totalmente il desiderio di farla. La pace è scomparsa dalla prospettiva di Israele, e il suo posto è stato preso da un’ansietà collettiva che si è sistematicamente impiantata, e da questioni personali, private che ora hanno la prevalenza su tutto il resto.
Verosimilmente il desiderio di pace di Israele è morto circa dieci anni fa, dopo il fallimento del summit di Camp David nel 2000, la diffusione della menzogna secondo cui non ci sono partner palestinesi per fare la pace, e, ovviamente, l’orribile periodo intriso di sangue della Seconda Intifada. Ma la verità è che, persino prima di tutto questo, Israele non ha mai veramente voluto la pace.
Israele non ha mai, neppure per un minuto, trattato i palestinesi come esseri umani con pari diritti. Non ha mai visto la loro sofferenza come una comprensibile sofferenza umana e nazionale. Anche il campo pacifista israeliano- se pure è mai esistito qualcosa del genere – è morto anche lui di una lunga agonia tra le sconvolgenti scene della Seconda Intifada e la menzogna della mancanza di una controparte [palestinese]. Tutto ciò che è rimasto è stato un pugno di organizzazioni tanto determinate e impegnate quanto inefficaci nel contrastare le campagne di delegittimazione costruite contro di loro. Perciò Israele è rimasto con il suo atteggiamento di rifiuto.