A sette mesi dal ricorso di una coppia alla Corte Europea, che sanzionò l’Italia per avere impedito loro di attribuire il cognome materno ai figli, ecco che finalmente anche la Commissione giustizia della Camera in Italia discute delle nuove norme in materia.
Ci vorrà un anno circa, se tutto va bene, per sanare quindi un’ingiustizia storica, concreta e simbolica che culturalmente non ha mai fatto scandalo, (anche per molte donne), che assieme alla maggioranza degli uomini, padri e non, han sempre dato per scontato che il cognome maschile fosse l’unico possibile, l’unico degno, l’unico esistente e tramandabile, dentro e fuori la tradizione patriarcale.
Del resto come sarebbe stato possibile, prima del femminismo, anche solo ragionare di un fatto del genere: le donne smettevano il cognome (paterno) con il matrimonio (unica concessione al femminile, visto che si tratta di legami e relazioni affettive, ma le cose serie e materiali si nominano come ‘patrimonio’, la radice della parola è chiara) e prendevano quello del marito.
Quindi come avrebbero potuto anche solo pensare di essere degne di far nascere figli e figlie che prendessero (anche) il loro cognome?
Con buona pace dei detrattori di un provvedimento giusto ed equo, la possibilità di dare il cognome della madre, da solo o insieme a quello del padre, apre finalmente alle coppie la possibilità di manifestare nella pratica concreta che, se si è in due a desiderare di procreare ed essere padri e madri, questo desiderio è condiviso e manifesto in tutto.
Nel testimoniare che si immettono, per amore e vita, persone che portano nel cognome l’origine di questo progetto a due, la possibilità aperta con la fine dell’obbligo del cognome paterno è un bel segno di civiltà, in un paese ancora molto, troppo patriarcale.
Ci vorrà del tempo: i mutamenti veloci sono solo quelli legati alla materialità della superficie.
Il cognome non è solo una scelta tecnica: è stato fin qui una questione di potere, visibilità sociale e autorevolezza, negata alle donne e dalle donne stesse sottovalutata. Ma, almeno su questo, le cose possono cambiare, se in tante (e tanti) potranno sfruttare questa nuova possibilità.