E’ braccio di ferro fra le banche e la cordata dei patrioti di Alitalia. Con Poste italiane nel mezzo di una partita che rischia di costare cara ai contribuenti. Se infatti è arrivato l’ok degli istituti di credito alla rinegoziazione dei debiti dell’ex compagnia di bandiera, mancano ancora i soldi per ripianare parte delle perdite (588,6 milioni nel 2013) e garantire l’operatività dell’azienda fino alle nozze con Etihad. Così, mentre ad horas si attende l’ok definitivo dei sindacati dopo un nuovo round di negoziazioni, le banche e i soci Alitalia si scontrano sul tema della liquidità. Il denaro necessario alla società potrebbe essere recuperato attraverso un prestito ponte da circa 300 milioni e un aumento di capitale riservato agli attuali soci da 200-250 milioni. Il che significa che Poste, dopo aver sborsato 75 milioni a dicembre per comprare poco meno del 20% di Alitalia, potrebbe dover tirar fuori ancora tra 40 e 50 milioni.
Ma c’è di più, perché, secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore, le banche avrebbero anche sottoposto ai soci Alitalia e all’azienda guidata da Francesco Caio la firma “in 24 ore” di un “equity committment”, ovvero di un impegno a coprire finanziariamente gli imprevisti dell’esercizio in corso. Faccenda non da poco se si considera che i tempi per rendere operative le nozze con Etihad sono lunghi e il rischio di rimetterci ancora soldi è dunque assai concreto. Senza contare che le Poste hanno già i loro problemi da gestire, come in parte testimonia la decisione far slittare la quotazione. Fra questi c’è la delicata partita del rinnovo (e dell’importo) per il servizio universale che, secondo il quotidiano confindustriale, potrebbe essere merce di scambio nell’affare Alitalia. E poi c’è la rinegoziazione con la Cassa Depositi e Prestiti del contratto di distribuzione dei prodotti di risparmio postale.
Dal canto loro, gli istituti di credito, come più volte spiegato dall’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, sono disposti a fare la loro parte. Tradotto in soldi, significa che, nel caso di un aumento di capitale da 200 milioni, come spiegato da Il Messaggero del 17 giugno scorso, Intesa, esposta per 280 milioni al debito Alitalia e socia con il 20,59%, dovrebbe tirar fuori altri quaranta milioni, mentre Unicredit dovrebbe sborsarne quasi 26 milioni. Intanto Etihad chiede aggiornamenti sulla situazione. Oggi, 15 luglio, l’ad della compagnia mediorientale, James Hogan, a Roma per presentare domani 16 luglio il nuovo volo fra Roma e Abu-Dhabi, incontrerà il numero uno di Alitalia, Gabriele Del Torchio. E, proprio entro domani, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi vorrebbe poter presentare ai futuri soci la chiusura dell’accordo con i sindacati e con le banche. Con una soluzione anche per il nodo di contenziosi, perdite e liquidità necessaria anche ai prossimi mesi.
La strada che porta alla nascita della nuova Alitalia è però ancora in salita. Anche se, per velocizzare i tempi, a Bruxelles sono stati già depositati i dettagli industriali della fusione, che sarà operativa solo dopo l’ok della prossima assemblea Alitalia (prevista il 25 luglio in seconda convocazione) alla scissione della controllante Cai, holding dei “patrioti”, dalla nuova Alitalia. Ma sull’intera operazione la Ue vuole vederci chiaro. Soprattutto sul ruolo di Poste. E nel mezzo, c’è anche il rischio di allungamento dei tempi per chiudere il secondo salvataggio Alitalia, per via di un cambio di guardia dei commissari a Bruxelles in scadenza ad ottobre. Rischio che avrà i suoi costi per gli attuali soci Alitalia.