L'operazione di smantellamento e smaltimento occuperà diverse centinaia di persone per un paio d'anni. E la nave morirà a poca distanza da dove nacque, 9 anni fa. Così il porto ligure cerca l'occasione di riaccreditarsi come polo specializzato delle demolizioni marittime
Saranno assiepati a migliaia sulle alture da Pegli a Voltri, nel Ponente genovese, in attesa di avvistare il relitto della Costa Concordia che venerdì 25 o sabato 26 luglio (meteo permettendo) arriverà al largo del porto di Voltri e sarà ormeggiato alla diga foranea, nello specchio acqueo che fronteggia il Vte, il grande terminal container. Il relitto della nave da crociera, trainato dall’Isola del Giglio da due rimorchiatori d’altura (alla velocità di 2-2,5 nodi), dovrebbe profilarsi al largo di Genova dopo 4-5 giorni di navigazione. A due miglia dall’imboccatura del porto di Voltri sarà preso in consegna da due rimorchiatori portuali che lo faranno accostare in retromarcia, con la poppa rivolta a levante, alla diga foranea, in corrispondenza del modulo 6 del Vte. La manovra d’accosto sarà diretta a bordo del relitto dal capopilota Giovanni Lettich. Dalla diga foranea, nei giorni seguenti all’arrivo, decine di bettoline, utilizzate come operosi shuttle-merci, trasporteranno al modulo 6 i materiali prodotti dal cosiddetto stripping, lo smaltimento degli arredi interni e degli allestimenti dei ponti emersi.
Sarà la prima di quattro fasi di intervento che nell’arco di due anni ridurranno in pezzi lo scafo naufragato all’isola del Giglio, il 13 gennaio 2012, provocando 32 morti (27 tra i passeggeri e 5 tra gli uomini dell’equipaggio). Una catastrofe che secondo l’ad di Costa Crociere, Michael Thamm, costerà complessivamente due miliardi di dollari, quasi un miliardo e mezzo di euro.
Genova si prepara dunque ad affrontare la ciclopica impresa di demolire il gigante del mare: 114,137 tonnellate di stazza lorda, 87.196 tonnellate di stazza netta. Lungo “fuori tutto” 290,20 metri, largo 35,50 metri, alto 70, con un pescaggio di 8,2 metri. Un gioiello del mare, costato 450 milioni di euro che andrà a morire a poche miglia dal luogo nel quale venne costruito, i cantieri navali di Sestri Ponente, dove fu varato il 2 settembre 2005. Genova ha infatti vinto il lunghissimo braccio di ferro con Piombino e si è aggiudicata un lavoro che vale almeno 100 milioni di dollari e occuperà diverse centinaia di persone per un paio d’anni. Grasso che cola in una città afflitta dalla disoccupazione. Al Municipio Ponente si sono già formate code di operai, anche specializzati, che presentano i loro curricula e sperano di essere ingaggiati. Cinquanta-sessantenni che hanno perduto il lavoro e non sono mai rientrati nel circuito produttivo: “La Costa Concordia non è la panacea per il rilancio del lavoro a Genova” ha avvertito Emanuela Fracassi, assessore comunale alle Politiche Sociali. Per una volta l’operazione di lobbying sotto la Lanterna ha fruttato un successo indiscutibile. Non sarà un one shot only, un intervento fine a se stesso. La demolizione della Costa Concordia darà a Genova l’occasione per riaccreditarsi come polo specializzato delle demolizioni marittime dell’Alto Tirreno. In collaborazione, non in competizione, con Piombino, che potrebbe accogliere le demolizioni delle navi militari, oggi realizzate in Estremo Oriente.
Spiega il presidente dell’Autorità Portuale genovese, Luigi Merlo a ilfattoquotidiano.it: “Finora la concorrenza asiatica ha cancellato ogni possibilità da parte dei paesi europei di entrare nel mercato delle demolizioni marine. Costi bassissimi in totale assenza di garanzie di carattere ambientale e di sicurezza hanno consegnato il 90% del mercato all’Asia e il restante 10% alla Turchia. Nel 2009 è entrata in vigore la Convenzione di Hong Kong che impone standard di lavoro molto rigidi sotto l’aspetto della sicurezza delle maestranze e dei rischi ambientali. Si prevede che entro il 2020 la Convenzione sarà adottata in tutto il mondo. In questa prospettiva l’Italia, e quindi Genova e Piombino, possono proporsi validamente per rientrare nel mercato delle demolizioni marine, fornendo garanzie sotto il profilo delle tutele ambientali e delle certificazioni di sicurezza”.
Intanto, Genova si appresta a sfruttare l’occasione offerta dalla Costa Concordia, che darà lavoro a qualche centinaio di persone. Decine di ditte dell’indotto affiancheranno Saipem e San Giorgio del Porto nelle operazioni di demolizione. Si prevedono quattro fasi. La prima – della durata stimata di tre mesi – inizierà subito dopo l’arrivo a Voltri del relitto e come già detto consisterà nello stripping. Vi prenderanno parte una settantina di addetti, convocati ogni giorno a chiamata fra il personale della Culmv, la compagnia unica dei camalli, i portuali genovesi.
Nella seconda fase la Costa Concordia sarà rimorchiata alla banchina dell’ex superbacino, venduto per un milione di euro anni fa ad un cantiere turco. Lì, verranno smantellate le strutture dei ponti dal 14 al 2. La terza fase sarà preparatoria al trasferimento nel bacino di carenaggio numero 4, con la rimozione dei cassoni galleggianti, la pulizia delle cambuse e delle frigo al ponte 0. Nel bacino prosciugato sarà eseguita la quarta ed ultima fase (rimozione degli allestimenti interni, pulizia delle aree e demolizione finale di tutte le strutture della nave), che culminerà con lo smantellamento definitivo del relitto. E lo smaltimento o il recupero dei materiali di risulta.
L’arrivo a Genova della Costa Concordia provocherà il blocco temporaneo del traffico navale nello scalo e durante le operazioni alla diga foranea di Voltri pesanti limitazioni alla navigazione nella zona di pescatori e diportisti. Che potranno uscire in mare utilizzando esclusivamente il varco di levante e non potranno accostarsi al relitto (il divieto è generale) per meno di 3 miglia marine (circa 5 chilometri e mezzo). Dovranno anche osservare una distanza di sicurezza dalla diga foranea. Giovedì 17 la Capitanearia di Porto di Genova fornirà i dettagli dei divieti.
La prima fase della demolizione sarà particolarmente delicata e durante lo stripping resteranno attive tutte le misure di sicurezza. Una rete di recupero dei detriti e delle panne di contenimento contro eventuali rilasci di idrocarburi saranno collocate a poppa della nave durante la navigazione dal Giglio a Genova. Greenpeace e Legambiente seguiranno con una imbarcazione della Fondazione Exodus di don Mazzi, il viaggio dal Giglio a Genova: “Vigileremo che non avvengano rilasci di sostanze inquinanti durante il trasporto – dicono le due organizzazioni – Nei serbatoi della nave c’è ancora una grande quantità di idrocarburi e di sostanze pericolose per l’ecosistema mattino”. Costa minimizza i rischi. Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, rimarca come Genova offra le massime garanzie anche sotto il profilo della limitazione dei rischi ambientali.